Sulla mia pagina FB, oggi nel 2025, molti conoscenti ed amici affermano che se gli ebrei hanno ucciso D-O (Gesù) è normale che possano fare un genocidio, cadendo così nell’inganno delle bugie antisemite. Ciò dimostra che il seme avvelenato seminato nei secoli, nonostante i chiarimenti storici e della Chiesa Cattolica continua a produrre il suo effetto.
Facciamo chiarezza.
Quando si affronta la questione
secondo cui “i giudei avrebbero ucciso Gesù (D-o per i cristiani)”, è
necessario dire subito una cosa: si tratta di una costruzione storicamente
falsa.
La morte di Gesù avvenne tramite crocifissione, una pena tipicamente romana,
riservata ai sovversivi politici e applicata esclusivamente dall’autorità
imperiale.
Il responsabile giuridico
dell’esecuzione fu Ponzio Pilato, prefetto romano della Giudea.
La condanna fu romana.
L’esecuzione fu romana.
E questo è un fatto storico solido, riconosciuto da tutti gli studiosi.
Nei Vangeli compare il ruolo di
alcuni componenti dell’élite sacerdotale giudaica, che vedevano in Gesù una
minaccia di natura religiosa o sociale. Ma non si parla mai di “tutti gli
ebrei”.
Si fa riferimento a pochi membri del Sinedrio, una ristretta classe
dirigente di Gerusalemme.
Il popolo ebraico nel suo complesso non fu coinvolto, né tantomeno
consultato. Anzi, gli stessi testi evangelici descrivono folle ebraiche che
ascoltavano Gesù e lo seguivano.
Va inoltre precisato che le autorità
ebraiche non avevano alcun potere di infliggere la crocifissione, che
era uno strumento romano. Potevano formulare accuse religiose interne, ma non
emettere condanne capitali attraverso mezzi romani.
Dunque, il coinvolgimento ebraico, per come appare nei testi, è circoscritto a
una élite locale, non all’intero popolo.
La posizione delle Chiese cristiane
Oggi le principali Chiese cristiane
sono concordi nel respingere l’accusa di responsabilità collettiva.
Il Concilio Vaticano II, con il documento Nostra Aetate (1965),
afferma in modo inequivocabile:
“Non si possono imputare agli Ebrei
del tempo, né agli Ebrei di oggi, responsabilità per la morte di Gesù.”
Anche Giovanni Paolo II condannò
con forza l’idea del “deicidio ebraico”, definendola una grave distorsione,
priva di basi teologiche e fonte di antisemitismo.
Gli studi esegetici moderni
confermano che l’espressione greca οἱ Ἰουδαῖοι, tradotta come “i
Giudei”, nei Vangeli indica spesso le autorità religiose di Gerusalemme,
non il popolo ebraico nel suo complesso.
Questa distinzione, chiara nella lingua antica, venne fraintesa e generalizzata
nei secoli successivi.
Dal punto di vista ebraico, inoltre,
non vi era alcun interesse nel far eliminare Gesù:
- non era
un avversario politico,
- non
minacciava la sicurezza nazionale,
- e
soprattutto il popolo ebraico non aveva il potere di infliggere la pena
della crocifissione.
Nell’ebraismo Gesù è ricordato come
un ebreo osservante, un maestro itinerante, non come un nemico del popolo.
Come nasce allora il mito del
“deicidio”?
L’idea che “gli ebrei hanno
ucciso Dio” non proviene dai testi evangelici ma dalle interpretazioni
medievali, che alterarono il senso originario delle scritture.
Con il passare dei secoli, la lettura teologica medievale trasformò episodi
narrati nei Vangeli in un’accusa contro l’intero popolo ebraico, creando uno
dei pilastri dell’antisemitismo europeo.
A consolidare questa visione furono:
Padri della Chiesa
- Giovanni
Crisostomo (IV sec.), con le sue omelie Adversus Iudaeos, accusa gli ebrei di aver
rifiutato e ucciso Cristo: un’opera destinata a segnare profondamente la
mentalità medievale.
- Sant’Ambrogio insiste sulla responsabilità
ebraica, pur senza usare il termine “deicidio”.
- Sant’Agostino descrive gli ebrei come
“popolo testimone”, destinato all’umiliazione per non aver riconosciuto
Gesù. Questa idea, pur non violenta nelle intenzioni, contribuì alla
costruzione teologica del disprezzo.
Concili medievali
- Concilio
di Toledo (VI–VII sec.): introduce norme discriminatorie basandosi sulla
presunta colpa ebraica.
- Concilio
Lateranense IV (1215): impone i segni distintivi agli ebrei, rafforzando l’idea che fossero
“colpevoli” di un crimine religioso.
Teologi medievali
Autori come Pietro Crisologo, Pier
Damiani, Bernardo di Chiaravalle e Tommaso d’Aquino, pur con sfumature diverse,
contribuirono a mantenere viva e teologicamente rispettabile l’idea che gli
ebrei fossero responsabili della morte di Cristo.
Predicatori popolari e teatro
religioso
Le prediche pasquali, i drammi della
Passione e le campagne dei crociati resero popolare la narrativa dei “deicidi”,
trasformando la teoria in cultura di massa.
In queste rappresentazioni gli ebrei venivano messi in scena come carnefici
brutali, alimentando pregiudizi radicati.
Papa Innocenzo III (XIII sec.)
Figura
chiave nella definizione dottrinale.
Pur non sostenendo violenze dirette, affermò che gli ebrei erano “condannati da
Dio alla schiavitù perpetua per il loro crimine contro Cristo”.
Fu la prima grande autorità papale a dare legittimazione formale a questa idea.
Il tardo Medioevo
Tra XIII e
XV secolo, l’accusa diventa pensiero comune:
- statuti cittadini vietano agli
ebrei ruoli pubblici,
- predicatori francescani e
domenicani la diffondono,
- l’arte medievale raffigura gli
ebrei come assassini di Cristo.
A questo
punto il “deicidio” non è più un’interpretazione, ma un dogma sociale.
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