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domenica 7 aprile 2024

Il cristianesimo e la terra degli ebrei

 



E' necessaria una riflessione, Se Gesù, ebreo della casa di Davide, Figlio di D-O per i Cristiani, Maestro per gli Ebrei e profeta per i Musulmani, secondo le narrazioni riconosciute (Vangeli, databili mediamente nel I sec d.C.)  ha esercitato il suo ministero in Galilea (nord di Israele corrispondente al Sud dell'attuale Libano) dove troviamo le località di Nazaret, Capernaum e Cana; in Samaria e Giudea (oggi conosciuta come Palestina) dove vi troviamo Gerusalemme, Betlemme, Betania ecc. a chi predicava il VANGELO insegnando la Torah? Predicava agli ebrei e non certo ai Romani che erano la potenza occupante.

Questa circostanza è testimoniata da un'opera storica composta di 20 libri scritta dallo storico Giuseppe Flavio tra il 93-94 d.C., opera storica mai messa in discussione. Gesù predicava agli "ebrei" popolazione residente in quella terra oggi contesa chiamata "palestina" dai romani. Abbiamo  una data storica dalla quale si evince che dal Sud del Libano ai confini con l' Egitto la terra contesa non era musulmana ma era terra degli ebrei, anche perché esistevano anche gli arabi si ma  non esistevano  ancora i " musulmani" perché l'Islam nasce nel VII secolo d.C. con il profeta Maometto. Erano Arabi  politeisti o animisti. 

Quando si contesta l'esistenza del Regno di Israele per delegittimare la presenza ebraica nella regione si ignorano i libri della Torah e i libri storici come il Primo e il Secondo libro dei Re (ritenendoli non attendibili senza ragionevole motivazione) che originariamente formavano un unico libro ad opera di autori ignoti databili tra il VI-V sec. a.C. in base a precedenti tradizioni orali. Si ignorano che frammenti di questi testi furono ritrovati in una grotta del deserto di Giuda. L'area del ritrovamento dei frammenti non è lontana da Qumran, il luogo dove fra il 1947 e il 1956 furono ritrovati gran parte dei celebri Rotoli del Mar Morto, circa 900 documenti tra i quali libri della Bibbia ebraica e testi della comunità locale. I rotoli del Mar Morto rappresentano la più antica testimonianza di un testo biblico, essendo datati tra il 150 avanti Cristo e il 70 dopo Cristo. 

Ora il ritrovamento dei testi sacri per alcuni non sono ritenuti credibili per attestare il regno di Israele perché mancano reperti archeologici di edifici ed altro. Però si ignorano che gli ebrei costituirono il loro regno dopo aver conquistato le città (come Gerusalemme) esistenti perché erano una popolazione nomade ed inoltre non potevano trovarsi reperti religiosi come per le altre civiltà perché una popolazione monoteistica che vietava immagini del loro culto. Quindi dobbiamo ritenere valide le fonti storiche fornite dalla Bibbia 

Oggi l'occidente ed i cristiani come possono credere alla mistificazione Islamica che la terra contesa non deve appartenere agli ebrei? Che la terra sia islamica? Gli ebrei hanno sempre vissuto in questa terra passando attraverso diverse dominazioni, persiana, greca, romana, omayyade, turco-ottomana e successivamente il protettorato inglese. La circostanza che la terra di Israele sia stata oggetto di diverse dominazioni per le divisioni interne degli ebrei, non toglie l'unicità culturale di questa terra e la sua appartenenza al popolo ebraico. 

L'occidente cristiano ignorando le ragioni degli ebrei si voterà al declino della sua civiltà ed alla sottomissione di una civiltà "barbara" imposta dal processo di islamizzazione, e la cultura e resilienza ebraica rimarranno l'unico bastione, anche per i cristiani, contro l'avanzare di questa cultura che nega la libertà dell'uomo, basata su quei valori che hanno costituito la base della cultura europea fino ad oggi.

giovedì 14 marzo 2024

La Terra degli ebrei parte III


Israele: 4.000 anni di storia e il filo rosso di una presenza mai interrotta

Nel dibattito contemporaneo sul Medio Oriente, la memoria storica gioca un ruolo cruciale. Mentre le piazze si riempiono di slogan e semplificazioni, vale la pena fermarsi a guardare i dati storici e archeologici, che raccontano un legame tra il popolo ebraico e la terra di Israele lungo quasi quattro millenni.

Riprendiamo una cronologia essenziale, spesso dimenticata, che ricostruisce la continuità della presenza ebraica su quel territorio:

  • 1900 a.C. – Abramo, secondo la tradizione biblica, viene scelto da Dio come patriarca del popolo ebraico.

  • 1850 a.C. – Giacobbe, nipote di Abramo, guida le tribù di Israele.

  • 1400 a.C. – Mosè libera gli ebrei dalla schiavitù d’Egitto e li guida verso la “terra promessa”.

  • 1010 a.C. – Re Davide unisce le dodici tribù e stabilisce Gerusalemme come capitale.

  • 970 a.C. – Salomone, figlio di Davide, costruisce il Primo Tempio, cuore spirituale dell’ebraismo.

  • 722-586 a.C. – Le due monarchie ebraiche cadono prima sotto l’Assiria e poi sotto Babilonia. Gerusalemme viene distrutta e la popolazione deportata, ma la memoria e il legame con la terra non si spezzano.

  • 539-520 a.C. – I persiani conquistano Babilonia e permettono il ritorno degli esuli e la ricostruzione del Tempio.

  • 333 a.C. - 70 d.C. – La regione passa di mano più volte: Greci, Tolomei, Seleucidi e infine Romani, che distruggono il Secondo Tempio nel 70 d.C. Ma anche in questa fase, comunità ebraiche continuano a vivere in Israele.

Dopo la caduta di Gerusalemme, il territorio fu governato da Bizantini, Arabi, Crociati, Mamelucchi, Ottomani e infine dagli Inglesi sotto mandato britannico. Eppure, fonti storiche e testimonianze archeologiche attestano che non c’è mai stato un periodo in cui gli ebrei fossero del tutto assenti dalla regione.

La continuità non è solo fisica, ma culturale e spirituale: comunità che sopravvivono, sinagoghe che vengono ricostruite, pellegrinaggi che continuano nei secoli. L’ebraismo mantiene un legame indissolubile con la sua terra, anche in esilio.

Nel 1948, dopo la Seconda guerra mondiale e la Shoah, l’ONU vota la nascita dello Stato di Israele. Per il popolo ebraico, non fu la “concessione” di una terra, ma il riconoscimento internazionale di un legame storico e identitario.

Alla luce di questi dati, le rivendicazioni che negano il diritto degli ebrei a vivere in Israele appaiono storicamente deboli. Non si tratta di propaganda: la presenza ebraica è documentata da secoli di fonti storiche, testi religiosi, cronache romane e arabe, reperti archeologici.

Il cuore del conflitto odierno non è solo politico, ma narrativo: si tratta di chi controlla la storia. Ridurre la questione a uno “scontro territoriale” rischia di oscurare una realtà molto più complessa, che riguarda identità, fede e la sopravvivenza stessa di un popolo.

Il reportage si chiude con un invito, più che con una conclusione: ricostruire i fatti, studiare la storia e leggere le fonti originali. Solo così l’opinione pubblica potrà emanciparsi dalle semplificazioni e dai falsi storici che alimentano l’odio.

mercoledì 13 marzo 2024

La Terra degli ebrei parte II



Gerusalemme, storia contesa: 1.800 anni di presenza ebraica e il nodo delle rivendicazioni islamiche

Il sito ufficiale della Lega Araba racconta che il califfo Omar entrò a Gerusalemme nel 637 d.C., segnando l’inizio della dominazione islamica della città. Ma chi vi abitava prima?

Un’analisi storica mostra che Gerusalemme, prima dell’arrivo degli arabi musulmani, era già una città abitata da arabi ed ebrei, teatro di un lungo susseguirsi di conquiste. Nel 586 a.C., Nabucodonosor, re di Babilonia, conquistò e distrusse la città, deportando gran parte della popolazione ebraica a Babilonia. Questo evento è documentato nella letteratura ebraica e confermato da reperti archeologici.

Dal 586 a.C. al 637 d.C. intercorrono circa 1.200 anni, durante i quali gli ebrei hanno continuato a vivere in quella terra, che l’ebraismo considera sacra. L’islam, come religione, si diffonde solo a partire dal VII secolo, quindi secoli dopo l’insediamento ebraico.

Un punto spesso oggetto di dibattito è l’assenza di resti archeologici certi del Primo Tempio. Ma la mancanza di rovine non implica la sua inesistenza: in molte civiltà dell’epoca era consuetudine riutilizzare i materiali per nuove costruzioni. Gerusalemme, nei secoli, è stata conquistata e saccheggiata da persiani, greci, romani, bizantini e ottomani. L’ipotesi che le tracce del Tempio siano scomparse a causa di secoli di riutilizzi è plausibile e condivisa da numerosi storici.

Inoltre, la tradizione orale ebraica – poi trascritta nella Torah – narra che il popolo ebraico abitava queste terre fin dal 1800 a.C., con la nascita del Regno di Israele e di Giuda. E neppure il Corano nega questa presenza: riconosce Abramo come patriarca e Gesù come profeta, e lo stesso Gesù, ebreo, predicava in quella terra. Se Gesù è una figura storica, come afferma il Corano, è difficile sostenere che gli ebrei non avessero radici in Palestina.

Anche lo storico romano Giuseppe Flavio (37-100 d.C.) è un testimone prezioso: le sue opere non parlano di “cronache palestinesi” ma di “cronache giudaiche”, a conferma che la terra era identificata come abitata dal popolo ebraico, molto prima che Maometto fondasse l’islam.

Alla luce di questi dati storici, l’affermazione che gli ebrei non abbiano mai abitato Gerusalemme o non ne abbiano diritto appare insostenibile. Si tratta di una ricostruzione che non trova fondamento né nella storia né nelle stesse fonti islamiche.


martedì 12 marzo 2024

La Terra degli ebrei parte I

 

Palestina: tra storia, religione e identità. Smontare i miti per capire il conflitto

Hamas continua a invocare la cacciata degli ebrei dalla cosiddetta “Palestina”, ma forse è arrivato il momento di uscire dalla gabbia del politicamente corretto e guardare i fatti storici con lucidità. La domanda di fondo è: la terra rivendicata dall’islam è davvero “islamica”? È araba? Ed esistono davvero i “palestinesi” come popolo storico?

Le manifestazioni pro-Palestina in Occidente gridano slogan come “dalla riva al mare”, accusando Israele di genocidio. Ma questa narrativa ha fondamento storico?

Per provare a fare chiarezza, partiamo da una fonte inattaccabile: il sito ufficiale della Lega Araba (legaaraba.org/statuto.htm). Alla voce “civiltà araba”, si afferma chiaramente che l’ebraismo è stata la prima religione monoteistica, seguita dal cristianesimo e, solo in seguito, dall’islam. È una dichiarazione che rimette le cose in ordine: il calendario ebraico segna oggi l’anno 5784, quello cristiano il 2024, quello islamico il 1445.

Ne consegue che, sotto il profilo religioso, gli ebrei furono i primi ad avere un legame storico e spirituale con quella terra. Rivendicare oggi che essa sia “da sempre” islamica è, alla luce di questi dati, una forzatura storica.

Passando all’analisi etnica, il quadro è ancora più chiaro: sia gli arabi che gli ebrei appartengono al ceppo semitico, parlano lingue della stessa famiglia e hanno condiviso per secoli lo stesso territorio. La denominazione “Palestina” è di epoca romana, ma la presenza ebraica e araba nella regione risale a epoche molto anteriori.

Uno spunto particolarmente interessante arriva dalla sezione del sito della Lega Araba dedicata a Gerusalemme (Al Quds). Qui si afferma che i primi fondatori furono i cananei, una popolazione semita e idolatra, che venerava il dio Salem. È solo successivamente che gli ebrei introdussero il monoteismo, fondando i regni di Israele e di Giuda. L’islam, nato secoli dopo, eredita una città già sacra ma non originariamente islamica.

Da questa analisi, persino basata su fonti arabe, emerge una verità difficilmente contestabile: la cosiddetta “Palestina” è stata storicamente abitata da ebrei e arabi, ma il legame religioso e politico dell’ebraismo con quella terra è più antico di quello islamico.

Questa conclusione contrasta con la narrativa diffusa nei media occidentali e nelle università, dove il conflitto viene spesso ridotto a una questione di “colonialismo” o “occupazione”. In realtà, la posta in gioco è molto più complessa: riguarda identità, religione e il diritto di una popolazione di rimanere nella terra che le appartiene da millenni.


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