Visualizzazione post con etichetta Palestina. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Palestina. Mostra tutti i post

domenica 4 maggio 2025

Il riconoscimento dello Stato che non esiste: la Palestina / The Recognition of a State That Doesn't Exist: Palestine

 


 
File:Flag of Italy.svg

Riconoscere uno Stato che non c’è: la scelta ideologica (e pericolosa) di Spagna, Irlanda e Norvegia

Spagna, Irlanda e Norvegia dichiarano di voler riconoscere lo Stato di Palestina. Un gesto presentato come “storico”, ma che sta già dividendo l’Europa e suscitando una reazione furiosa da parte di Israele, che ha richiamato immediatamente i suoi ambasciatori.

Premiano il terrorismo”, ha commentato senza giri di parole il governo israeliano. E il contesto non lascia spazio a equivoci: a poco più di sette mesi dal massacro del 7 ottobre, quando Hamas ha compiuto il peggior attacco contro civili ebrei dai tempi della Shoah, tre Paesi europei scelgono di riconoscere uno Stato che, nei fatti, è frammentato, instabile, governato in parte da un gruppo armato jihadista e non in grado – né disposto – a riconoscere Israele.

Riconoscimento o resa?

Sulla carta, oltre 140 Paesi nel mondo riconoscono lo Stato di Palestina, ma si tratta per lo più di atti simbolici, privi di conseguenze pratiche. Non esiste un confine definito, né una capitale condivisa, né un governo unitario. La Striscia di Gaza è controllata da Hamas, un’organizzazione che rifiuta il diritto di Israele a esistere, e che viene considerata terrorista da Unione Europea e Stati Uniti.

Il nodo politico di fondo è chiaro: si sta riconoscendo uno Stato che non esiste davvero, e che nella sua parte più attiva, violenta e organizzata, nega esplicitamente ogni possibilità di coesistenza con Israele. Paradossalmente, nessuno dei principali Paesi arabi ha mai pienamente riconosciuto lo Stato ebraico; neppure l’Autorità Nazionale Palestinese ha mai rilasciato un atto formale e inequivocabile in tal senso.

E allora perché farlo oggi, e proprio in Europa?

La verità dietro la retorica

La risposta, per molti osservatori, è meno idealista di quanto i governi di Madrid, Dublino e Oslo vogliano far credere. La loro è una mossa politica dettata più da pressioni interne che da un’autentica strategia di pace. In particolare, la crescente presenza e pressione delle comunità musulmane nei loro territori – spesso radicalizzate, mobilitate sui social e attive in piazza – ha creato un clima politico esplosivo, in cui la sinistra di governo teme la perdita del consenso o, peggio, la destabilizzazione sociale.

Insomma, si legittima uno “Stato” fantasma sotto la spinta di minacce interne, ma senza esigere nulla in cambio da chi, quel riconoscimento reciproco, lo nega da sempre.

È il cortocircuito di un’ideologia che si ammanta di pace ma cede di fatto al ricatto della violenza. Il gesto diplomatico assume così un sapore di resa, non di coraggio. Si accontenta la piazza islamista, ma si calpesta il principio base di ogni processo di pace: il riconoscimento reciproco.

L’Europa che si divide… e si indebolisce

Il rischio, ora, è duplice. Sul piano internazionale, si rompe l’unità europea, creando una frattura tra chi sostiene il negoziato bilaterale e chi cede all’unilateralismo. Sul piano interno, si crea un precedente pericoloso: dimostrare che le pressioni di piazza, anche se ideologicamente aggressive o antidemocratiche, possono piegare la politica estera di un Paese.

Intanto, Israele rimane isolato, accusato di genocidio proprio mentre piange le vittime del 7 ottobre e combatte un nemico che si nasconde dietro i civili. La narrazione si ribalta. La vittima diventa carnefice. E lo Stato ebraico si trova ancora una volta a dover giustificare il proprio diritto a esistere.

Conclusione

Spagna, Irlanda e Norvegia non hanno riconosciuto lo Stato di Palestina per spirito di giustizia o per amore della pace. Hanno ceduto alla paura, alle pressioni demografiche, all’ideologia e al calcolo elettorale. Hanno premiato chi non riconosce Israele e hanno ignorato che nessuna pace può nascere senza reciprocità.

In definitiva, questa non è una vittoria della diplomazia. È un colpo inferto al principio stesso di coesistenza. E rischia di aprire la strada a nuovi ricatti, nuove violenze e nuove illusioni.

 Flag of the United Kingdom

 Recognizing a State That Doesn’t Exist: The Ideological (and Dangerous) Choice of Spain, Ireland, and Norway

Spain, Ireland, and Norway have declared their intention to recognize the State of Palestine. A gesture presented as “historic,” but one that is already dividing Europe and provoking a furious reaction from Israel, which immediately recalled its ambassadors.

“They are rewarding terrorism,” said the Israeli government bluntly. And the context leaves little room for doubt: just over seven months after the October 7 massacre—when Hamas carried out the worst attack on Jewish civilians since the Holocaust—three European countries have chosen to recognize a state that, in reality, is fragmented, unstable, partly governed by a jihadist armed group, and neither capable nor willing to recognize Israel.
Recognition or Surrender?

On paper, over 140 countries worldwide recognize the State of Palestine, but these are mostly symbolic gestures with no practical consequences. There are no defined borders, no agreed capital, and no unified government. The Gaza Strip is controlled by Hamas, an organization that denies Israel’s right to exist and is considered a terrorist group by both the European Union and the United States.

The core political issue is clear: what is being recognized is a state that doesn’t truly exist and whose most active, violent, and organized faction explicitly denies any possibility of coexistence with Israel. Paradoxically, none of the major Arab countries has ever fully recognized the Jewish state; not even the Palestinian National Authority has issued a formal and unequivocal act to that effect.

So why do it now—and why in Europe?
The Truth Behind the Rhetoric

According to many observers, the answer is less idealistic than the governments of Madrid, Dublin, and Oslo would have us believe. Their move is a political calculation driven more by internal pressures than by a genuine peace strategy. In particular, the growing presence and pressure of Muslim communities in their territories—often radicalized, active on social media, and mobilized in the streets—has created a politically explosive climate. In this context, the governing left fears losing public support or, worse, facing social destabilization.

In short, a ghost “state” is being legitimized under internal threats, without demanding anything in return from those who have always denied the principle of mutual recognition.

It’s the short circuit of an ideology that wraps itself in the rhetoric of peace while ultimately yielding to the blackmail of violence. The diplomatic gesture ends up resembling surrender, not courage. It appeases the Islamist street, while trampling on the basic premise of any peace process: reciprocal recognition.
A Divided—and Weakened—Europe

The risk now is twofold. On the international level, Europe’s unity is broken, with a rift opening between those who support bilateral negotiations and those who give in to unilateralism. Domestically, it sets a dangerous precedent: showing that street pressure—even when ideologically extreme or anti-democratic—can bend a country’s foreign policy.

Meanwhile, Israel remains isolated, accused of genocide even as it mourns the victims of October 7 and fights an enemy that hides behind civilians. The narrative is flipped. The victim becomes the perpetrator. And the Jewish state once again finds itself having to justify its right to exist.
Conclusion

Spain, Ireland, and Norway did not recognize the State of Palestine out of a sense of justice or a love for peace. They gave in to fear, demographic pressure, ideology, and electoral calculation. They rewarded those who do not recognize Israel and ignored the fact that no peace can emerge without reciprocity.

In the end, this is not a victory for diplomacy. It is a blow to the very principle of coexistence. And it risks paving the way for new blackmail, new violence, and new illusions.

lunedì 14 aprile 2025

ANCORA SULLA QUESTIONE PALESTINESE

 


La storia degli ebrei in Terra di Israele/Palestina è lunga e complessa, con periodi di esilio e di ritorno. Tuttavia, è importante notare che, nonostante gli esili e le persecuzioni, gli ebrei hanno sempre mantenuto una presenza in Terra di Israele/Palestina.

Anche durante i periodi di esilio, gli ebrei sono rimasti legati alla loro terra d'origine e hanno continuato a vivere lì, anche se in minoranza. Questo è stato possibile grazie alla presenza di comunità ebraiche in città come Gerusalemme, Safed, Tiberiade e Hebron.
Inoltre, durante il periodo ottomano (1517-1917), gli ebrei hanno potuto tornare in Terra di Israele/Palestina e stabilirsi lì. Molti ebrei provenienti dall'Europa e dal Nord Africa sono emigrati in Palestina durante questo periodo.


D'altra parte, la presenza araba in Palestina è relativamente recente. Infatti, la maggior parte dei palestinesi odierni sono discendenti di arabi giordani e siriani che si sono trasferiti in Palestina durante il periodo ottomano e britannico (1917-1948). Prima di quel periodo, la regione era abitata da una popolazione mista di ebrei, cristiani e musulmani.
Inoltre, fino agli anni '60 del XX secolo, i palestinesi non erano considerati un popolo distinto, ma piuttosto come parte della più ampia comunità araba. La creazione di un'identità palestinese distinta è un fenomeno relativamente recente, che si è sviluppato in risposta alla creazione dello Stato di Israele e al conflitto israelo-palestinese.


Quindi, sebbene gli ebrei siano stati esiliati e perseguitati nel corso della storia, hanno sempre mantenuto una presenza in Terra di Israele/Palestina. La creazione di uno Stato ebraico in Palestina è stata una risposta legittima alla storia di persecuzione e di esilio degli ebrei, e non ha cancellato i diritti dei palestinesi, ma ha piuttosto creato una situazione complessa che richiede una soluzione negoziata e pacifica non sempre possibile.

La questione palestinese è stata imposta alla comunità internazionale mediante pochi leader che non erano neanche palestinesi, in chiave antisionista. Si deve considerare che dalla fondazione dello Stato di Israele ogni tentativo militare arabo è fallito, da cui il ricorso al terrorismo.
Se consideriamo legittimo il terrorismo palestinese come metodo di lotta per rivendicare uno Stato, allora dobbiamo considerare legittimo il terrorismo come metodo di lotta in generale.

Tuttavia, questo solleva una serie di problemi etici e morali. Il terrorismo, per definizione, coinvolge l'uso della violenza e della paura per raggiungere obiettivi politici, e spesso comporta la morte e il ferimento di innocenti.
Gli attentati palestinesi nel mondo hanno causato la morte e il ferimento di migliaia di persone, tra cui civili, donne e bambini. Alcuni esempi includono:

  • Gli attentati alle Olimpiadi di Monaco del 1972, in cui 11 atleti israeliani furono uccisi.

  • L'attentato alla sinagoga di Roma del 1982, in cui 2 persone furono uccise e 37 ferite.

  • Gli attentati suicidi a Gerusalemme e Tel Aviv negli anni '90 e 2000, in cui centinaia di persone furono uccise e ferite.

  • L'attentato alla scuola di Ma'alot del 1974, in cui 22 scolari furono uccisi.

Se consideriamo legittimo il terrorismo palestinese, allora dobbiamo anche considerare legittimo il terrorismo di altre organizzazioni, come Al-Qaeda, l'ISIS, le Brigate Rosse, l'ETA basca, ecc. Questo significherebbe che la violenza e il terrore sono accettabili come metodi di lotta politica, il che è moralmente ed eticamente inaccettabile, oltre che estremamente pericoloso.

Inoltre, è importante notare che i palestinesi negano il diritto di esistere dello Stato ebraico per ragioni religiose, in quanto considerano la Palestina come una terra sacra islamica (waqf) e ritengono che gli ebrei non abbiano il diritto di stabilirsi lì.
Il Corano contiene alcuni versetti che possono essere interpretati come una prescrizione di violenza contro gli ebrei, i cristiani e altri non musulmani, come ad esempio la sura 9, versetto 29.

Questi fattori aggiungono un'ulteriore dimensione di complessità alla questione, e sottolineano l'importanza di promuovere metodi di lotta pacifici e democratici, come la negoziazione, la diplomazia e la protesta non violenta.

Tuttavia, è doveroso osservare che parlare di "negoziato" risulta particolarmente complesso considerando il contesto religioso. In particolare, l'Islam, nella sua interpretazione più tradizionale, non prevede il riconoscimento di uno Stato non musulmano su una terra considerata sacra. Questa visione rende estremamente difficile la possibilità di un compromesso duraturo, poiché per molti non si tratta solo di una questione politica, ma di un dovere religioso.

Allo stesso modo, per gli ebrei religiosi, la Terra di Israele non è semplicemente una patria storica o politica, ma costituisce un elemento fondamentale della fede ebraica, radicato nella promessa divina fatta ad Abramo. La terra ha un valore sacro e costitutivo dell’identità religiosa e nazionale ebraica. Ignorare questa dimensione spirituale significa fraintendere la profondità del legame ebraico con la regione.

Se le diplomazie occidentali non tengono conto di questo duplice elemento religioso — da entrambe le parti — sarà impossibile trovare soluzioni stabili e durature. La questione israelo-palestinese non può essere trattata come una semplice disputa territoriale: essa tocca convinzioni profonde, identità religiose e visioni del mondo non facilmente negoziabili.

Invece di legittimare il terrorismo, dovremmo lavorare per creare un ambiente in cui i diritti e le esigenze di tutte le parti coinvolte siano rispettati e considerati. Ciò richiede un impegno sincero per la pace, la giustizia e la comprensione reciproca.

domenica 17 novembre 2024

Chi sono i palestinesi? Parte II



Per chi ignora la storia del medio-oriente o per chi è ideologicamente formattato per odiare gli ebrei.

Periodo- pre cristiano e cristiano 

Come abbiamo visto precedentemente, i cananei arrivarono in questa terra circa 6000 anni fa creando insediamenti come Gerico. Invece circa 3800 anni fa giunsero gli ebrei (tribù di israeliti) quando in Canaan dominavano gli ittiti. L'identificazione di questa terra che va dalla Fenicia all'Egitto come "Palestina" si ha nel V sec a.C.  Nell'antica Grecia Erodoto nella sua opera "storie" chiamava la parte meridionale della Siria Palestina ed affermava che i suoi abitanti erano "circoncisi" quindi ebrei. Aristotele nella sua opera "meteorologia" uso il termine Palestina per indicare una regione del mar morto. Cosi altri autori greci come Polemone e Agatarchide di Cnido, oltre scrittori romani come Ovidio, Tibullo, Pomponio, Plnio, Dione, Plutarco, come i scrittori romani di origine ebraica come Filone di Alessandia e Flavio Giueseppe. Nel 135 d.C. le autorità romane decisero di chiamare questa provincia della Syria Palestina in sostituzione di provincia di Giudea. Infatti precedentemente i romani chiamavano provincia di Giudea la aprte meridionale, e e Galilea la parte a nord. Sostanzialmente la parte costiera era abitata da filistei e fenici che certamente non erano arabi. Anche i Vangeli parlano di Galilea e Samaria. Si rinvia a quanto indicato nella parte I https://petronioerminio.blogspot.com/2024/11/chi-sono-i-palestinesi-parte-i.html

Periodo Islamico

Dopo la nascita di Cristo e lo sviluppo del cristianesimo in tutto il medio oriente nel 5 secolo d.C. la Palestina, ovvero Canaan, divenne parte dell'impero Bizantino. Quando Maometto (610 d.C.) si senti profeta per una presunta rivelazione dell'angelo Gabriele sul monte Hira nasce l'Islam che significa sottomissione. Il monte Hira è in Arabia Saudita dove si trova la Mecca. Nella città della Mecca Maometto comincio a divulgare la nuova religione e la fede nel D-O unico Allah. Maometto entra in contrasto con altri clan della Mecca (624 d.C.) che erano politeisti, e dopo una tregua si rinforzo, e attaccò nuovamente i clan Meccani sottomettendoli. In questo periodo dopo il primo scontro con i Meccani Maometto si rifugiò a Medina abitata da due tribù ebraiche, Banu Qurayza e Banu Nadir, che furono massacrata dai musulmani guidati da Maometto, derubata e furono uccisi circa 700 maschi con l'estinzione della tribù. Questo fu il primo Progrom. Le popolazioni arabe beduine erano considerati pacifiche ed erano prevalentemente cristiane, prima della conquista islamica e prima che Maometto riunìsse gli arabi fondando una Teocrazia. 

Dopo la morte di Maometto, fu scelto come successore e primo Califfo Abu Bakr e da allora si succedettero diversi califfi. Nel 661 si ebbe la frattura fra il cugino di Maometto (divennero i sciiti) e il Califfo discendente della dinastia degli Omayyade (divennero i sunniti). I sunniti prevalsero e si espansero fin tutto il Nord Africa e la Spagna. Sconfitto dagli eserciti arabi musulmani l'impero persiano e quello bizantino i musulmani la conquista si estese a tutte le  terre di Siria, Palestina, Egitto e la Tripolitania fino alle coste sud del mediterraneo. In questo periodo le popolazioni cristiani e gli ebrei (religioni del libro) godevano di una parziale libertà religiosa purché riconoscessero la superiorità dell'islam ed il pagamento di un tributo, salvo che si convertissero all'islam per ottenere pieni diritti civili. Le conquiste  islamiche si estesero fino all'India ed all'Africa fino al 1700 d.C. con l'impero ottomano. In questo periodo il popolo palestinese come entità politica non esisteva perché erano semplicemente arabi musulmani che risiedevano nell'ex impero bizantino, alcuni erano ebrei, altri cristiani. 

Il Periodo del mandato britannico

La Palestina quindi era una regione più ampia conquistata dai turchi ottomani e rimase sotto la loro influenza per più di 400 anni perdendone il controllo alla fine della prima guerra mondiale passando l'allora Palestina sotto il controllo del Regno Unito dopo che l'impero ottomano fu spartita tra la Francia e l'Inghilterra. 

La spartizione fu decisa nel 1916 con l'accordo Sykes-Picot, accordo che parla di stati Arabi e non di un'entità palestinese. Con questo accordo si stabiliva che in Palestina doveva essere istituita un'amministrazione internazionale con le forme decise tra le potenze vincitrici e il sceicco della Mecca. E' importante sottolineare che non esistevano interlocutori Palestinesi ma solo Arabi. Qui si crea il primo problema. Con la Dichiarazione Balfour del 02/11/1917, successivo all'accordo del 1916,  le autorità britanniche considerando che da secoli gli ebrei abitavano in Palestina, ritennero di riconoscere agli ebrei residenti ed agli ebrei dispersi nelle altre nazioni una loro "nazione". Ciò fu vissuto dagli arabi come un tradimento dopo che nel 1915 fu loro promesso, in cambio della lotta contro l'impero ottomano, il sostegno alla formazione di uno stato islamico (no palestinese). Nel 1922 la Società delle Nazioni istituiti il mandato britannico della Palestina, riconoscendo l'impegno espresso nella dichiarazione Balfour, istituendo un'agenzia per gestire l'immigrazione ebraica collaborando con le autorità britanniche perché ottenessero la cittadinanza palestinese.

Il Governo Britannico fece l'errore di non valutare con attenzione il "sentimento" arabo animato dal desiderio di costituire uno stato Islamico e del sentimento di "tradimento" vissuto dagli arabi per la mancata attuazione dell'l'accordo Sykes-Picot, in un territorio islamizzato dopo anni di dominazione ottomana, che contrastava con il sentimento ebraico che fonda la sua religione sulla terra promessa ad Abramo: Canaan. Errore che fanno ancora oggi i governi occidentali che mantengono un approccio laico in un contesto culturale animato da forti tensioni religiose. Il "Sionismo" movimento di culturale nato per la promozione della nazione ebraica, diventa, suo malgrado, l'ostacolo per gli arabi per la creazione di uno stato islamico, ed il nemico giurato dei musulmani che rivendicano la stessa terra. Nel mandato per la Palestina si dichiarava nella premessa: «Considerato che in tal modo è stato riconosciuto il legame storico del popolo ebraico con la Palestina e le ragioni per ricostituire la propria patria nazionale in quel paese». 

Negli anni 20 ci furono rivolte della popolazione araba contro i coloni ebraici e il Regno Britannico aveva condannato gli attacchi arabi contro le loro proprietà, giustificando le rappresaglie da parte dei coloni ebrei contro gli insediamenti arabi come una "legittima difesa" dagli attacchi subiti, ma aveva anche individuato nel timore della creazione di uno stato ebraico il motivo scatenante della rivolta. Negli anni 30 il Comitato Supremo Arabo chiedeva la fine del mandato e dell'immigrazione ebraica, fino ad arrivare alla guerra civile tra arabi e ebrei. Il governo britannico cercò di non agevolare più il movimento sionista ed i flussi migratori pesando alla creazione di unico stato misto arabo-ebraico, ma  le autorità arabe lo rifiutarono, ritenendolo comunque insufficiente e chiedendo il blocco completo dell'immigrazione ebraica.




giovedì 14 novembre 2024

Chi sono i palestinesi? Parte I



Per chi ignora la storia del medio-oriente o per chi è ideologicamente formattato per odiare gli ebrei.

I Palestinesi come popolo non sono mai esistiti perché sono "Arabi", semiti, come gli ebrei ma di un altro ramo abramitico (anche gli arabi musulmani dicono di discendere da Abramo, che abitavano nelle terre tra la Siria, Giordania ed Egitto (Wikipedia cita sbagliando la Palestina) . Gli arabi che abitavano queste terre erano politeisti e animisti. Gli ebrei si insediarono  come semiti essi stessi in questa terra che chiamavano Canaan. 

In questo periodo, fino all'anno 1000 a.C. circa, queste popolazioni-tribù beduine dedite alla pastorizia, all'agricoltura ed all'artigianato, governate da Re, erano in continua lotta tra loro. Gli ebrei anche lottarono contro di loro per ragioni religiose perché odiavano l'idolatria di questi popoli mentre loro portavano la rivelazione dell'Unico D-O.

Queste informazioni storiche sono anche reperibili sul sito della Lega Araba https://www.legaaraba.org/alqdus/indexQuds.htm : "All'inizio dell'era del bronzo, la tribù di Yebus, proveniente dal cuore della Penisola Araba nel 2300 avanti Cristo, fu la prima a costruire la città santa di Gerusalemme. Gli storici e gli archeologi tra cui Kathelin Mery Kenion, conosciuta come la signora dei ricercatori del ventesimo secolo, ha affermato che i primi fondatori di Al Quds furono arabi. Gli scavi archeologici hanno comunque dimostrato che le mura della città risalgono almeno a 1800 anni prima di Cristo, cioè ad almeno 800 anni prima della comparsa degli ebrei". Ancora dicono: "Gli storici affermano inoltre che gli Anbati(la cui capitale fu la bella città giordana di Petra), spesso in conflitto con gli Adomiti ,anche loro di origine araba, essi lasciarono la Penisola araba 500 anni avanti Cristo per stabilirsi nella la regione sud di Canaan che si estende dal mar Morto(un lago salato in Palestina) al mar Rosso, e costruissero un Regno che si estese dall'Eufrate al mar Rosso". Omettono di dire che in realtà tra queste popolazioni cera tutto il ceppo semita, tra cui gli ebrei. Infatti il testo riporta informazioni che sono riportate dalla Torah degli ebrei che cita gli stessi popoli.

Tuttavia, a dispetto di quanto affermano gli odiatori di Israele, loro lottavano solo se l'idolatria si manifestava nella terra che Abramo ricevette come promessa da D-O, e non avevano, e non hanno, alcun interesse a conquistare altri territori perché è loro proibito anche dalla Torah. Questa fu l'unica guerra di conquista che fecero. 

E' nell'anno 1000 a.C. che Re Davide conquisto Gerusalemme e ne fece la capitale del suo regno.  Prima la terra di Canaan era controllata dagli egiziani e quando vi giunsero gli ebrei nel 13 secolo a.C. era dominata dai Filistei, popolazione indoeuropea di origine dell'egeo e dell' Anatolia. Non arabi.

Quindi a conclusione di questa prima riflessione possiamo affermare che gli arabi e gli ebrei vivevano insieme sul medesimo territorio identificabile con l'odierna Siria, Giordania, Libano fino all'Egitto. Erano tribù che guerreggiavano tra loro, tra arabi stessi. Gli ebrei con Davide conquistarono Gerusalemme, abitata da una popolazione Araba, mentre il restante della terra di Canaan era abitata anche da popolazioni non arabe.

Durante il regno di Babilonia ( distrussero il primo Tempio costruito da re Salomone) ed Assiro nel 600 a.C. inizio la diaspora ebraica indeboliti a causa delle divisioni interne . La diaspora ebraica termina con la conquista di Babilonia da parte dei persiani che consentirono agli ebrei di Tornare a Canaan. Lo stato ebraico non esisteva più ed il potere era esercitato dai Sacerdoti.

Nel 300 a.C. Canaan è conquistata dai persiani e successivamente dai greci (Regno dei Tolomei). Sotto la conquista ellenica dei Seleucidi si tenta di ellenizzare i regni ebraici ma la rivolta dei Maccabei della tribù di giuda mette fine al regno dei Seleucidi per il rifiuto degli ebrei di assimilarsi alla cultura ellenica. Comunque lo stato ebraico si presentava diviso in dispute religiose tra Farisei, Sadducei e esseni). Fino a qui non esistevano i palestinesi.

Nel 60 a.C. l'impero Romano occupa il territorio ebraico della Giudea (no Palestina) e diventa una provincia romana. Anche in questa epoca assistiamo a rivolte e migrazioni degli ebrei, sempre per lo stesso motivo, il mantenimento dell'identità ebraica. Viene distrutto il II Tempio dai romani a causa delle rivolte ebraiche del 70 d.C.  Gerusalemme - Aelia Capitolina per i romani. Dalla conquista dei babilonesi a quella dei romani, si sviluppano le diaspore ebraiche in asia, africa, America, Europa ecc.

I romani chiamarono Canaan la terra dei filistei - Palashtu (non arabi ma antico popolo indoeuropeo ) come era identificata dagli scribi assiri. Il I sec. D.C. i romani piegarono il territorio della giudea, sotto l'imperatore Adriano, per cancellare l'identità ebraica imponendo alla provincia romana il nome di "Palestina". Questo nome fu attribuito alla terra di Israele per cancellare l'identità ebraica. Occorre a conclusione di questa parte osservare che fino al dominio dell'impero romano i palestinesi come popolo non esistevano ma solo arabi, ebrei e elleni. L'islam non esisteva, ma solo il monoteismo ebraico e l'idolatria praticata da Arabi, Romani e Greci. Questo è da comprendere perché il problema palestinese nasce con l'Islam.





LES MORTS INNOCENTS DE GAZA

 Au peuple français de la part de l'Italie Lettre ouverte à ceux qui manifestent contre Israël Benjamin Netanyahu peut ne pas plaire à ...