C’è un paradosso profondo nel pensiero di una parte della destra europea e italiana: si dice patriottica, cristiana e difensore della civiltà occidentale, ma spesso si schiera contro Israele e contro il sionismo. Un errore ideologico, nato da vecchi pregiudizi e da un malinteso culturale che affonda le radici nella storia dell’antisemitismo cattolico e nelle teorie complottiste del Novecento.
Il mito dei “Protocolli dei Savi di Sion”
Tutto parte
da un falso.
I Protocolli dei Savi di Sion, pubblicati in Russia all’inizio del
Novecento, sono un documento completamente inventato dai servizi zaristi per
accusare gli ebrei di voler conquistare il mondo.
Nonostante la loro falsità sia stata dimostrata già da un secolo, molti
ambienti nazionalisti e fascisti li hanno presi sul serio, convinti che, pur
essendo falsi “storicamente”, rivelassero una verità “spirituale”: cioè, che
gli ebrei, attraverso la loro visione messianica, aspirassero al dominio
universale. Questa idea è stata rilanciata da Julius Evola, uno dei principali
riferimenti della destra culturale italiana. Evola sosteneva che, anche se
falsi, i Protocolli sarebbero “autentici nello spirito”, perché
rifletterebbero l’essenza del pensiero ebraico: la promessa di un Regno
universale.
Ma qui sta l’errore. Evola confonde la speranza messianica ebraica, che
è religiosa e spirituale, con un progetto politico di dominio, che non
esiste né nella Bibbia né nella tradizione ebraica.
Il messianismo ebraico non è un piano di conquista
Nell’ebraismo,
il Messia non è un conquistatore terreno, ma un inviato divino che porterà
pace, giustizia e armonia tra le nazioni. Non si tratta di un popolo che domina
gli altri, ma di un mondo in cui tutte le nazioni riconoscono un unico D-o e
vivono in pace. Attribuire agli ebrei un sogno di dominio è una distorsione
nata fuori dal giudaismo, e in particolare dalla cultura antigiudaica
della Chiesa cattolica medievale.
Per secoli,
la teologia cattolica ha insegnato che gli ebrei erano “il popolo che ha
rifiutato Cristo” e che quindi D-o li aveva abbandonati, sostituendo Israele
con la Chiesa: è la cosiddetta “teologia della sostituzione”. Questa
dottrina ha giustificato persecuzioni, espulsioni e conversioni forzate, fino
ad arrivare all’Inquisizione spagnola, dove gli ebrei convertiti (i
“conversos”) venivano sospettati di praticare in segreto la loro fede. Da lì
nascono i miti più assurdi: l’accusa di deicidio, di omicidi rituali, di usura
e di complotti segreti.
Dalla leggenda medievale al complotto moderno
Quelle
stesse leggende antiche si sono trasformate nei secoli in nuove versioni dello
stesso pregiudizio: dal “complotto ebraico” medievale al “complotto
giudeo-massonico” dei giorni nostri.
Ma la radice è sempre la stessa: l’ignoranza teologica.
Molti cattolici si sono formati più sul catechismo che sulla Bibbia, accettando
come verità racconti senza fondamento.
Al contrario, i cristiani evangelici, che studiano la Bibbia fin dall’infanzia,
hanno sempre riconosciuto il legame spirituale e profetico tra il popolo
ebraico e la Terra di Israele.
Ecco perché, negli Stati Uniti, dove la base cristiana è in gran parte
evangelica, il sostegno a Israele è fortissimo: nasce da conoscenza, non da
pregiudizio.
Il sionismo: patria, non potere
Il sionismo
non è un piano di dominio mondiale.
È il movimento che ha permesso al popolo ebraico, dopo duemila anni di esilio e
persecuzioni, di tornare nella propria patria.
Non per conquistare altri popoli, ma per ricostruire la propria casa.
Israele non è un impero: è una democrazia circondata da regimi spesso ostili,
che difende la propria esistenza in nome della libertà e del diritto alla vita
del suo popolo.
L’ebraismo
insegna che le nazioni sono tutte volute da D-o, ciascuna con la propria terra
e il proprio destino.
Israele, nel disegno biblico, non deve dominare le altre, ma essere un “faro
tra le nazioni”: un esempio morale e spirituale.
È questa la vera vocazione messianica, non il potere terreno.
Il vero paradosso della destra
Chi oggi si
dice patriota, difensore della fede e dei valori tradizionali, non può essere
antisionista senza contraddirsi. Perché il sionismo è esattamente questo: amore
per la propria terra, fedeltà a D-o, centralità della famiglia e del popolo. Sono gli stessi principi che la destra
europea rivendica per sé. Essere contro Israele significa, di fatto, schierarsi
contro l’idea stessa di patria e di radici.
Chi attacca
Israele in nome dell’“antiglobalismo” dimentica che gli ebrei sono stati, nella
storia, tra le prime vittime del vero globalismo ideologico: quello
dell’uniformità religiosa imposta dalla Chiesa medievale e dai totalitarismi
moderni.
Riscoprire la coerenza
L’antisionismo
della destra non è un segno di coerenza ideologica, ma di confusione.
Si alimenta di un falso storico, di una teologia superata e di un pregiudizio
ereditato dall’antisemitismo cattolico. Difendere
Israele non significa condividere ogni sua politica, ma riconoscere un legame
spirituale e culturale profondo: quello tra la libertà di un popolo e il
diritto di ogni nazione ad avere una patria.
In fondo,
Israele rappresenta proprio ciò che la destra dice di voler difendere:
Patria, D-o, Famiglia, Identità e Tradizione.
Essere antisionisti significa negare questi stessi valori. E dunque, chi davvero ama la propria terra e
la propria fede, non può che vedere nel sionismo un alleato naturale, non un
nemico.
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