mercoledì 12 novembre 2025

Il grande equivoco: perché l’antisionismo tradisce i valori della destra

 



C’è un paradosso profondo nel pensiero di una parte della destra europea e italiana: si dice patriottica, cristiana e difensore della civiltà occidentale, ma spesso si schiera contro Israele e contro il sionismo. Un errore ideologico, nato da vecchi pregiudizi e da un malinteso culturale che affonda le radici nella storia dell’antisemitismo cattolico e nelle teorie complottiste del Novecento.

Il mito dei “Protocolli dei Savi di Sion”

Tutto parte da un falso.
I Protocolli dei Savi di Sion, pubblicati in Russia all’inizio del Novecento, sono un documento completamente inventato dai servizi zaristi per accusare gli ebrei di voler conquistare il mondo.
Nonostante la loro falsità sia stata dimostrata già da un secolo, molti ambienti nazionalisti e fascisti li hanno presi sul serio, convinti che, pur essendo falsi “storicamente”, rivelassero una verità “spirituale”: cioè, che gli ebrei, attraverso la loro visione messianica, aspirassero al dominio universale. Questa idea è stata rilanciata da Julius Evola, uno dei principali riferimenti della destra culturale italiana. Evola sosteneva che, anche se falsi, i Protocolli sarebbero “autentici nello spirito”, perché rifletterebbero l’essenza del pensiero ebraico: la promessa di un Regno universale.
Ma qui sta l’errore. Evola confonde la speranza messianica ebraica, che è religiosa e spirituale, con un progetto politico di dominio, che non esiste né nella Bibbia né nella tradizione ebraica.

Il messianismo ebraico non è un piano di conquista

Nell’ebraismo, il Messia non è un conquistatore terreno, ma un inviato divino che porterà pace, giustizia e armonia tra le nazioni. Non si tratta di un popolo che domina gli altri, ma di un mondo in cui tutte le nazioni riconoscono un unico D-o e vivono in pace. Attribuire agli ebrei un sogno di dominio è una distorsione nata fuori dal giudaismo, e in particolare dalla cultura antigiudaica della Chiesa cattolica medievale.

Per secoli, la teologia cattolica ha insegnato che gli ebrei erano “il popolo che ha rifiutato Cristo” e che quindi D-o li aveva abbandonati, sostituendo Israele con la Chiesa: è la cosiddetta “teologia della sostituzione”. Questa dottrina ha giustificato persecuzioni, espulsioni e conversioni forzate, fino ad arrivare all’Inquisizione spagnola, dove gli ebrei convertiti (i “conversos”) venivano sospettati di praticare in segreto la loro fede. Da lì nascono i miti più assurdi: l’accusa di deicidio, di omicidi rituali, di usura e di complotti segreti.

Dalla leggenda medievale al complotto moderno

Quelle stesse leggende antiche si sono trasformate nei secoli in nuove versioni dello stesso pregiudizio: dal “complotto ebraico” medievale al “complotto giudeo-massonico” dei giorni nostri.
Ma la radice è sempre la stessa: l’ignoranza teologica.
Molti cattolici si sono formati più sul catechismo che sulla Bibbia, accettando come verità racconti senza fondamento.
Al contrario, i cristiani evangelici, che studiano la Bibbia fin dall’infanzia, hanno sempre riconosciuto il legame spirituale e profetico tra il popolo ebraico e la Terra di Israele.
Ecco perché, negli Stati Uniti, dove la base cristiana è in gran parte evangelica, il sostegno a Israele è fortissimo: nasce da conoscenza, non da pregiudizio.

Il sionismo: patria, non potere

Il sionismo non è un piano di dominio mondiale.
È il movimento che ha permesso al popolo ebraico, dopo duemila anni di esilio e persecuzioni, di tornare nella propria patria.
Non per conquistare altri popoli, ma per ricostruire la propria casa.
Israele non è un impero: è una democrazia circondata da regimi spesso ostili, che difende la propria esistenza in nome della libertà e del diritto alla vita del suo popolo.

L’ebraismo insegna che le nazioni sono tutte volute da D-o, ciascuna con la propria terra e il proprio destino.
Israele, nel disegno biblico, non deve dominare le altre, ma essere un “faro tra le nazioni”: un esempio morale e spirituale.
È questa la vera vocazione messianica, non il potere terreno.

Il vero paradosso della destra

Chi oggi si dice patriota, difensore della fede e dei valori tradizionali, non può essere antisionista senza contraddirsi. Perché il sionismo è esattamente questo: amore per la propria terra, fedeltà a D-o, centralità della famiglia e del popolo.  Sono gli stessi principi che la destra europea rivendica per sé. Essere contro Israele significa, di fatto, schierarsi contro l’idea stessa di patria e di radici.

Chi attacca Israele in nome dell’“antiglobalismo” dimentica che gli ebrei sono stati, nella storia, tra le prime vittime del vero globalismo ideologico: quello dell’uniformità religiosa imposta dalla Chiesa medievale e dai totalitarismi moderni.

Riscoprire la coerenza

L’antisionismo della destra non è un segno di coerenza ideologica, ma di confusione.
Si alimenta di un falso storico, di una teologia superata e di un pregiudizio ereditato dall’antisemitismo cattolico.  Difendere Israele non significa condividere ogni sua politica, ma riconoscere un legame spirituale e culturale profondo: quello tra la libertà di un popolo e il diritto di ogni nazione ad avere una patria.

In fondo, Israele rappresenta proprio ciò che la destra dice di voler difendere:
Patria, D-o, Famiglia, Identità e Tradizione.
Essere antisionisti significa negare questi stessi valori.  E dunque, chi davvero ama la propria terra e la propria fede, non può che vedere nel sionismo un alleato naturale, non un nemico.

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