mercoledì 10 settembre 2025

La sinistra e l'islam: cosa non ha compreso la sinistra?

 La religione è l’oppio dei popoli, la celebre frase di Marx | Eroica

 

Woke e Islam: l’alleanza inattesa che divide l’Occidente

Una convergenza inaspettata si sta delineando tra la sinistra progressista, spesso definita “woke”, e il mondo islamico. Un’alleanza che, secondo alcuni osservatori, nasce da un duplice fraintendimento: la presunzione ideologica dei leader della sinistra globale e l’abile strategia dei leader religiosi islamici.

Alla base, spiegano gli analisti, c’è la convinzione tipica della sinistra che le religioni siano un fenomeno destinato a dissolversi con l’evoluzione del pensiero umano. Seguendo questa logica, il credo religioso – considerato da Marx “l’oppio dei popoli” – sarebbe destinato a implodere o a trasformarsi in una sorta di versione spirituale del socialismo.

Un esempio evidente di questa tendenza si riscontra nella Chiesa cattolica. Per sopravvivere, l’istituzione sembra inseguire la modernità, accettando aperture sul fronte dell’omosessualità, dell’inclusione sociale e delle battaglie a favore dei migranti. Papa Francesco è diventato il simbolo di questa transizione: un pontefice che sostituisce la difesa dell’ortodossia con un messaggio di empatia e inclusione universale. Ma per molti critici, questa strategia rischia di svuotare il cristianesimo della sua dimensione trascendente, riducendolo a un messaggio etico privo di radici teologiche profonde.

L’errore, sostiene chi denuncia questa convergenza, è stato applicare lo stesso schema di lettura anche all’Islam. Ma, a differenza del cattolicesimo, l’Islam mantiene un’identità forte, compatta, radicata nella fede e nella legge religiosa. Trattare l’Islam come una semplice religione influenzabile e assimilabile, spiegano gli esperti, significa ignorare la forza spirituale e comunitaria che caratterizza le società mediorientali.

L’Occidente, abituato a un modello culturale dominato dal consumismo, dall’individualismo e da un senso di spiritualità attenuato, fatica a comprendere culture per cui il trascendente è ancora centrale. L’esempio dei kamikaze giapponesi durante la Seconda guerra mondiale, disposti a sacrificarsi per l’imperatore, dimostra quanto l’Oriente segua logiche di identità e onore difficili da tradurre in categorie occidentali.

Quando un terrorista islamico compie un attentato suicida, in Europa si tende a spiegare l’evento come il gesto isolato di un folle. Ma per chi conosce la cultura islamica, questi atti sono coerenti con una visione religiosa che attribuisce un valore eroico al martirio.

La sinistra “accogliente”, secondo questa lettura, commette dunque un duplice errore: presume che l’identità religiosa possa essere repressa o rieducata e ignora la profonda spiritualità che anima molte società del Medio Oriente.

Di questa debolezza, sostengono i critici, approfittano i leader islamici, consapevoli delle contraddizioni delle società liberali. Lo usano come un “cavallo di Troia” per rafforzare la loro presenza in Occidente, dichiarando apertamente che sfrutteranno le stesse leggi democratiche per espandere la loro influenza.

E qui entra in gioco un altro elemento: l’odio verso Israele e gli ebrei. Per alcuni osservatori, la sinistra trova un punto di convergenza con il mondo islamico proprio sull’identità. In un’Europa che ha smarrito le proprie radici culturali e spirituali, gli unici a mantenere una forte identità collettiva sono gli ebrei. Da qui, spiegano, nasce la popolarità di slogan come “dal fiume al mare”, che unisce frange della sinistra radicale e dell’estrema destra nel desiderio di cancellare l’unica comunità identitaria che resiste, così da rendere l’Occidente più facilmente plasmabile.


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