lunedì 6 ottobre 2025

La banalità degli slogan: tra “due popoli, due Stati” e “dal fiume al mare”

 


Quante volte abbiamo sentito i leader occidentali ripetere, quasi fosse una formula magica: “due popoli, due Stati”? È un mantra che torna puntuale a ogni crisi mediorientale, invocato come soluzione inevitabile ma mai realizzata. Dall’altra parte, alle manifestazioni pro-palestinesi, riecheggia immancabilmente un altro slogan: “Dal fiume al mare”.

Due frasi, due visioni contrapposte, ma ripetute con la stessa leggerezza di chi non ne comprende fino in fondo il significato. Da qui la metafora: da un lato i “pappagalli”, le leadership occidentali che ripetono uno slogan ormai svuotato; dall’altro i “lupi”, i leader palestinesi, coerenti con i propri principi ideologici e religiosi.

I “pappagalli” occidentali: slogan senza sostanza

Le classi politiche europee e statunitensi continuano a sostenere la soluzione “due popoli, due Stati” come se fosse un dato di fatto politico. In realtà, questo progetto non è mai stato accettato né perseguito in modo coerente dai principali attori arabi e palestinesi.

Sin dalla Risoluzione ONU del 1947 sulla spartizione della Palestina, la maggioranza dei Paesi arabi ha rifiutato la creazione di uno Stato palestinese accanto a uno ebraico. Il motivo, spesso frainteso in Occidente, non è semplicemente politico o anticoloniale, ma teologico e giuridico: secondo il pensiero islamico classico, una terra definita “islamica” non può essere governata da non musulmani.

La base giuridico-religiosa: dār al-Islām

La dottrina islamica si fonda su versetti coranici e tradizioni profetiche che definiscono come un territorio debba entrare a far parte della comunità islamica (dār al-Islām).

  • Sura 8, versetto 39: «Combattete contro di loro finché non cessi la persecuzione e la religione non sia tutta per Allah».
  • Sura 9, versetto 29: introduce la jizya, la tassa che consente a territori non musulmani di entrare sotto dominio islamico senza conversione obbligatoria.
  • Sura 9, versetto 5 (il “versetto della spada”): comanda la lotta contro i politeisti finché non accettino l’Islam o un trattato di sottomissione.

Negli Hadith e nella Sunna si trovano esempi concreti: Medina, Mecca e Khaybar furono integrate nella comunità islamica dopo resa o conquista; le lettere inviate dal Profeta ai sovrani vicini invitavano alla sottomissione religiosa e politica.

“Dal fiume al mare”: il significato reale

In questo contesto, lo slogan “Dal fiume al mare” assume un significato ben preciso: la Palestina, compresa Gerusalemme, è considerata terra islamica e, in quanto tale, deve essere governata da autorità musulmane.

È questa visione che nel 1948 spinse i Paesi arabi a rifiutare la spartizione della Palestina: erano convinti di poter sconfiggere Israele militarmente e controllare l’intero territorio. Tale linea è coerente anche con la strategia della Lega Araba, che mantiene ancora oggi un dipartimento dedicato al boicottaggio del sionismo.

Riconoscimenti formali e realtà politiche

Nel 1993, con gli Accordi di Oslo, l’OLP mediante uno scambio di lettere di mutuo riconoscimento tra il governo israeliano e l’OLP (Organizzazione per la Liberazione della Palestina) in cui indirettamente  OLP  in rappresentanza dei palestinesi— riconobbe formalmente lo Stato di Israele. Tuttavia, nonostante l'apparente riconoscimento, il primo atto fondativo del 28/05/1964 si dichiarava:

  • l'art  2 dichiarava "La Palestina, con i suoi confini al tempo del Mandato britannico, è un’unità territoriale indivisibile." e
  • l'Articolo 4vdichiarava:"Il popolo della Palestina determina il proprio destino quando avrà completato la liberazione della sua patria, in conformità ai suoi desideri, alla sua libera volontà e scelta.

e con la revisione dell’Atto Fondativo dello Stato di Palestina del 25 marzo 2023 conferma un orientamento identitario chiaro attenuando la precedente carta fondativa comunque riaffermando indirettamente gli stessi obiettivi:

  • Articolo 4: Gerusalemme è dichiarata capitale dello Stato di Palestina.
  • Articolo 5: la lingua ufficiale è l’arabo, la religione ufficiale è l’Islam.

Questi principi, profondamente radicati, si scontrano con l’idea di coesistenza statale promossa in Occidente.

“Lupi” e “Pappagalli”: due coerenze diverse

I “lupi” — i leader palestinesi e parte del mondo arabo — sono coerenti con i loro obiettivi religiosi e politici: lo slogan “Dal fiume al mare” è perfettamente allineato alla dottrina islamica classica e alle strategie storiche arabe.

I “pappagalli” — le leadership occidentali — continuano invece a ripetere una formula diplomatica ormai disancorata dalla realtà, ignorando il fondamento religioso e ideologico che rende impraticabile la soluzione “due popoli, due Stati” così come concepita dagli europei.

La retorica politica semplifica questioni complesse. Dietro slogan apparentemente innocui si celano visioni del mondo incompatibili: da un lato, una prospettiva teologico-giuridica radicata nell’Islam; dall’altro, un approccio occidentale laico e diplomatico. Finché l’Occidente continuerà a comportarsi da “pappagallo” e non affronterà il nodo ideologico alla base del rifiuto arabo-palestinese, la soluzione dei “due popoli e due Stati” resterà un’illusione.

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