
Un’inchiesta sulle radici storiche, teologiche e politiche di un fenomeno che attraversa i secoli.
L’antisemitismo non è una piaga recente: affonda le sue radici nei primi secoli del cristianesimo. Il punto di svolta viene spesso individuato nel Concilio di Nicea (325 d.C.), quando la Chiesa nascente definì la deità di Gesù. Una scelta legittima sul piano della fede, ma che aprì la strada a un pericoloso equivoco: attribuire al popolo ebraico una colpa collettiva per la morte di “Dio incarnato”.
Da lì prese forma la cosiddetta "teologia della sostituzione": secondo questa visione, la Chiesa sarebbe la “nuova Israele”, unica erede delle promesse divine, mentre gli ebrei sarebbero stati rigettati a causa del loro presunto tradimento. Ma perché era necessario censurare e marginalizzare gli ebrei? La risposta sembra chiara: consolidare l’identità di una Chiesa che stava assumendo un ruolo politico e sociale sempre più forte.
Le tappe di una lunga persecuzione
Antichità tardo-romana e Alto Medioevo
IV-V secolo: limitazioni ai diritti civili e religiosi degli ebrei, divieto di costruire nuove sinagoghe, esclusione dalle cariche pubbliche.
Dal IV secolo: i Concili ecclesiastici introducono divieti di matrimoni misti e ulteriori restrizioni sociali e giuridiche.
Medioevo
VII secolo (Spagna visigota): conversioni forzate, confische e divieto di praticare il culto ebraico.
XI secolo (Prime Crociate): massacri di comunità ebraiche in Renania.
XII-XIII secolo: accuse infamanti di omicidio rituale e profanazione dell’ostia.
1215: il IV Concilio Lateranense impone agli ebrei segni distintivi, come la “rotella gialla”.
XIII secolo: roghi del Talmud e nuove espulsioni da vari regni europei.
Tardo Medioevo e Inizio Età Moderna
Espulsioni sistematiche: Inghilterra (1290), Francia (1306 e 1394), Spagna (1492), Portogallo (1496).
XIV secolo: durante la Peste Nera, pogrom in tutta Europa con l’accusa di avvelenare i pozzi.
XV secolo: l’Inquisizione perseguita i conversos, gli ebrei convertiti.
Età Moderna
Dal 1516: istituzione dei ghetti (il primo a Venezia), segregazione sociale e professionale.
Conversioni forzate di minori e orfani.
Umiliazioni rituali e obbligo di presenziare a prediche cristiane.
Età Contemporanea
Persistono discriminazioni legali fino all’Ottocento.
1858: il caso Mortara a Bologna (bambino ebreo battezzato segretamente e sottratto alla famiglia).
XIX-XX secolo: l’ostilità secolare alimenta un terreno favorevole all’antisemitismo moderno, che sfocerà nello sterminio nazista.
La posizione della Chiesa e il ruolo delle teologie
Secondo una lettura critica, la Chiesa cattolica ha avuto bisogno dell’antisemitismo per legittimare la propria identità. Un’interpretazione forte, che si basa sul fatto che per secoli la teologia della sostituzione è stata utilizzata per distinguere il “nuovo Israele” dal “vecchio”, attribuendo alla Chiesa un primato salvifico.
Diverso l’approccio delle comunità evangeliche, che hanno sviluppato la cosiddetta "teologia dell’innesto": i gentili che credono in Gesù non sostituiscono Israele, ma si innestano sull’albero dell’alleanza, che rimane radicato nel popolo ebraico. Questo spiega perché molti gruppi evangelici moderni siano apertamente sionisti, al contrario di gran parte del cattolicesimo.
Dal passato al presente: la questione palestinese
L’antisemitismo cattolico, sostengono alcuni analisti, oggi si manifesta in forme più sottili e ipocrite. Basta osservare il linguaggio di alcune testate vicine al mondo ecclesiale, come "Avvenire", che spesso riprendono la terminologia di emittenti filo-palestinesi come Al Jazeera: “territori occupati”, “genocidio”, “fame”, uccisione di bambini. Non mancano casi simbolici: sacerdoti che vestono statue di Gesù con la kefiah, altari adornati con la bandiera palestinese. Gesti che, anziché chiarire la complessità del conflitto, rischiano di alimentare un linguaggio dell’odio contro Israele, appoggiando di fatto le narrazioni di gruppi terroristici come Hamas. Infatti in questa testata, come in altre testate vicine alla sinistra, non si mettono mai a confronto le versioni: palestinese (HAMAS) e Israeliana, ma sempre e contuinuamente si prende per vera un'unica fonte quella di Al Jazeera che notoraimente veicola informazioni del Ministero della Sanità di Hamas, ovvero di terroristi.
Propaganda e antisemitismo: dal metodo Goebbels a Hamas
Un tassello decisivo per comprendere il radicarsi dell’antisemitismo moderno è il ruolo della propaganda. Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda nazista, elaborò una tecnica semplice ed efficace:
-
La bugia come strumento di massa: non importa se ciò che si afferma sia vero, ciò che conta è che sia semplice, emotivo e ripetuto senza sosta.
-
La ripetizione crea realtà: una falsità, se ripetuta ossessivamente, diventa una verità percepita dalle masse.
-
Emozione contro ragione: le persone non vengono convinte con argomenti razionali, ma condizionate attraverso paura, odio e slogan.
Questo schema fu applicato con spietata coerenza contro gli ebrei dal regime nazista, trasformando accuse secolari (avidità, complotti, omicidi rituali) in “certezze popolari” che giustificarono persecuzioni e infine la Shoah.
Ma il metodo non è rimasto confinato al passato. Hamas ha fatto propria questa logica di propaganda, utilizzandola su scala globale:
-
diffondendo narrazioni distorte (Israele come “Stato genocida”, gli ebrei come “oppressori coloniali”);
-
ripetendo incessantemente questi messaggi attraverso media, social network e alleanze con emittenti internazionali;
-
facendo leva sulle emozioni collettive di rabbia e ingiustizia per colpire l’immagine di Israele in Occidente e minare la sua legittimità.
In sintesi: così come la propaganda nazista trasformò menzogne in realtà percepite, oggi Hamas utilizza la stessa strategia per alimentare l’antisemitismo in Occidente e indebolire lo Stato ebraico.
Conclusioni
Dalla teologia della sostituzione alle prese di posizione sul conflitto israelo-palestinese, un filo rosso attraversa la storia del cristianesimo cattolico: la necessità, implicita o esplicita, di definire la propria identità in contrapposizione all’ebraismo.
Che oggi questo si traduca in forme di antisemitismo velato o in narrative filo-palestinesi, resta un fatto: l’ebraicità di Gesù continua a rappresentare una sfida teologica e identitaria per la Chiesa cattolica. Ed è forse proprio questo il motivo per cui l’antisemitismo, nonostante secoli di sangue e persecuzioni, conosce ancora un inquietante risveglio.
A questo scenario si aggiunge un elemento ulteriore: il metodo di propaganda elaborato da Joseph Goebbels, basato sulla ripetizione ossessiva della menzogna fino a trasformarla in verità percepita. Oggi questo schema è stato adottato da Hamas, che utilizza narrazioni manipolate per alimentare l’odio contro Israele in Occidente e indebolire lo Stato ebraico.
Il tutto è reso ancora più efficace dal supporto mediatico di alcune testate occidentali di sinistra e persino cattoliche, come Avvenire, che riprendono e diffondono terminologie e cornici narrative vicine a quelle della propaganda filo-palestinese. Un cortocircuito che, anziché promuovere chiarezza e riconciliazione, contribuisce a rinnovare — sotto forme nuove e apparentemente “legittimate” — il linguaggio dell’odio contro gli ebrei.
English version
An Inquiry into the Historical, Theological and Political Roots of a
Phenomenon that Spans Centuries
Antisemitism
is not a recent plague: it has its roots in the earliest centuries of Christianity. The turning
point is often identified with the Council of Nicaea (325 CE), when the
nascent Church defined the divinity of Jesus. A legitimate choice on the level
of faith, but one that opened the way to a dangerous misunderstanding:
attributing to the Jewish people a collective guilt for the death of the
“incarnate God.”
From there arose the
so-called “theology of substitution”: according to this view, the Church
would be the “new Israel,” the sole heir of the divine promises, while the Jews
would have been rejected because of their alleged betrayal. But why was it
necessary to censor and marginalize the Jews? The answer seems clear: to
consolidate the identity of a Church that was assuming an ever more powerful
political and social role.
The Stages of a Long Persecution
Late
Roman Antiquity and Early Middle Ages
- 4th–5th century: restrictions on the
civil and religious rights of Jews, ban on building new synagogues,
exclusion from public office.
- From the 4th
century: Church councils introduce bans on mixed
marriages and further social and legal restrictions.
Middle Ages
- 7th century
(Visigothic Spain): forced conversions, confiscations and ban on
practicing Jewish worship.
- 11th century (First
Crusade): massacres of Jewish communities in the
Rhineland.
- 12th–13th centuries: defamatory
accusations of ritual murder and host desecration.
- 1215: the Fourth Lateran
Council imposes distinctive signs on Jews, such as the “yellow badge.”
- 13th century: burnings of the
Talmud and new expulsions from various European kingdoms.
Late
Middle Ages and Early Modern Period
- Systematic
expulsions: England (1290), France (1306 and 1394), Spain
(1492), Portugal (1496).
- 14th century: during the Black
Death, pogroms across Europe with the accusation of poisoning wells.
- 15th century: the Inquisition
persecutes the conversos, Jews converted to Christianity.
Modern Era
- From 1516: establishment of
ghettos (the first in Venice), social and professional segregation.
- Forced conversions
of minors and orphans.
- Ritual humiliations
and obligation to attend Christian sermons.
Contemporary Era
- Legal
discriminations persisted until the 19th century.
- 1858 (Mortara case,
Bologna): a Jewish child secretly baptized and taken from
his family.
- 19th–20th centuries: centuries of
hostility fostered fertile ground for modern antisemitism, which
culminated in the Nazi extermination.
The Position of the Church and the Role of Theologies
According to a critical
interpretation, the Catholic Church needed antisemitism to legitimize its
own identity. A strong interpretation, based on the fact that for centuries
the theology of substitution was used to distinguish the “new Israel” from the
“old,” attributing to the Church a salvific primacy.
The approach of
evangelical communities is different: they developed the so-called “theology
of grafting” — Gentiles who believe in Jesus do not replace Israel, but
graft themselves onto the tree of the covenant, which remains rooted in the
Jewish people. This explains why many modern evangelical groups are openly
Zionist, in contrast to much of Catholicism.
From Past to Present: The Palestinian Question
Catholic antisemitism,
some analysts argue, today manifests itself in more subtle and hypocritical
forms. Just look at the language of certain outlets close to the ecclesial
world, such as Avvenire, which often adopt the terminology of
pro-Palestinian broadcasters such as Al Jazeera: “occupied territories,”
“genocide,” “famine,” “killing of children.”
Symbolic cases are not
lacking: priests dressing statues of Jesus with the keffiyeh, altars adorned
with the Palestinian flag. Gestures which, instead of clarifying the complexity
of the conflict, risk fueling a language of hatred against Israel, in fact
supporting the narratives of terrorist groups like Hamas. Indeed, in this
newspaper, as in other outlets close to the political left, the two versions —
Palestinian (Hamas) and Israeli — are never compared, but a single source is
continually and systematically taken as true: Al Jazeera, which notoriously
conveys information from Hamas’ Ministry of Health — in other words, from
terrorists.
Propaganda and Antisemitism: From the Goebbels Method to Hamas
A decisive key to
understanding the entrenchment of modern antisemitism is the role of propaganda.
Joseph Goebbels, Nazi Minister of Propaganda, devised a simple yet effective
technique:
- The lie as a tool
for the masses: it doesn’t matter whether what is said is true;
what matters is that it is simple, emotional, and endlessly repeated.
- Repetition creates
reality: a falsehood, if obsessively repeated, becomes a
perceived truth among the masses.
- Emotion over reason: people are not
convinced by rational arguments but conditioned through fear, hatred and
slogans.
This scheme was applied
with ruthless consistency against the Jews by the Nazi regime, transforming
age-old accusations (greed, conspiracies, ritual murders) into “popular
certainties” that justified persecutions and ultimately the Shoah.
But the method did not
remain confined to the past. Hamas has adopted this logic of propaganda,
using it on a global scale:
- spreading distorted
narratives (Israel as a “genocidal state,” Jews as “colonial
oppressors”);
- relentlessly
repeating these messages through media, social networks, and alliances
with international broadcasters;
- exploiting
collective emotions of anger and injustice to damage Israel’s image in the
West and undermine its legitimacy.
In
summary: just as Nazi propaganda
turned lies into perceived realities, today Hamas uses the same strategy to
fuel antisemitism in the West and weaken the Jewish state.
Conclusions
From the theology of
substitution to positions on the Israeli-Palestinian conflict, a red thread
runs through the history of Catholic Christianity: the need, implicit or
explicit, to define its identity in opposition to Judaism.
That today this
translates into forms of veiled antisemitism or pro-Palestinian narratives
remains a fact: the Jewishness of Jesus continues to represent a theological
and identity challenge for the Catholic Church. And perhaps this is
precisely why antisemitism, despite centuries of blood and persecution, still
knows a disturbing resurgence.
To this scenario must be
added another element: the propaganda method devised by Joseph Goebbels, based
on the obsessive repetition of lies until they become perceived truth. Today
this scheme has been adopted by Hamas, which manipulates narratives to fuel
hatred against Israel in the West and weaken the Jewish state.
The whole process is made
even more effective by the media support of certain left-wing Western
outlets and even Catholic ones, such as Avvenire, which adopt and
disseminate terminology and frameworks close to pro-Palestinian propaganda. A
short circuit which, instead of promoting clarity and reconciliation,
contributes to renewing — in new and apparently “legitimized” forms — the
language of hatred against the Jews.
French version
Une enquête sur les racines historiques, théologiques et politiques d’un
phénomène qui traverse les siècles
L’antisémitisme
n’est pas un fléau récent : il plonge ses racines dans les premiers siècles du christianisme. Le tournant est souvent identifié avec le Concile de Nicée (325 ap.
J.-C.), lorsque l’Église naissante a défini la divinité de Jésus. Un choix
légitime sur le plan de la foi, mais qui a ouvert la voie à un dangereux
malentendu : attribuer au peuple juif une culpabilité collective pour la mort
du « Dieu incarné ».
De là est née la soi-disant « théologie de la
substitution » : selon cette vision, l’Église serait le « nouvel Israël »,
seul héritier des promesses divines, tandis que les Juifs auraient été rejetés
à cause de leur prétendue trahison. Mais pourquoi était-il nécessaire de
censurer et de marginaliser les Juifs ? La réponse semble claire : consolider
l’identité d’une Église qui assumait un rôle politique et social de plus en
plus puissant.
Les étapes d’une longue persécution
Antiquité
tardive et Haut Moyen Âge
- IVe–Ve siècle : restrictions des
droits civils et religieux des Juifs, interdiction de construire de
nouvelles synagogues, exclusion des charges publiques.
- À partir du IVe
siècle : les conciles ecclésiastiques introduisent des
interdictions de mariages mixtes et d’autres restrictions sociales et
juridiques.
Moyen Âge
- VIIe siècle (Espagne
wisigothique) : conversions forcées, confiscations et
interdiction de pratiquer le culte juif.
- XIe siècle (Première
Croisade) : massacres de communautés juives en Rhénanie.
- XIIe–XIIIe siècles : accusations
infamantes de meurtres rituels et de profanation d’hosties.
- 1215 : le IVe Concile du Latran impose aux Juifs
des signes distinctifs, comme la « rouelle jaune ».
- XIIIe siècle : bûchers du Talmud
et nouvelles expulsions de divers royaumes européens.
Bas Moyen Âge et Début de l’époque moderne
- Expulsions
systématiques : Angleterre (1290), France (1306 et 1394),
Espagne (1492), Portugal (1496).
- XIVe siècle : pendant
la Peste Noire, pogroms dans toute l’Europe avec l’accusation
d’empoisonner les puits.
- XVe siècle : l’Inquisition persécute les conversos,
Juifs convertis au christianisme.
Époque moderne
- À partir de 1516 : création
de ghettos (le premier à Venise), ségrégation sociale et professionnelle.
- Conversions forcées
de mineurs et d’orphelins.
- Humiliations
rituelles et obligation d’assister à des sermons chrétiens.
Époque contemporaine
- Les discriminations
légales persistent jusqu’au XIXe siècle.
- 1858 (Affaire Mortara, Bologne) : un
enfant juif secrètement baptisé et enlevé à sa famille.
- XIXe–XXe siècles : des
siècles d’hostilité préparent un terrain favorable à l’antisémitisme
moderne, qui culminera dans l’extermination nazie.
La position de
l’Église et le rôle des théologies
Selon une lecture
critique, l’Église catholique a eu besoin de l’antisémitisme pour légitimer
son identité. Une interprétation forte, fondée sur le fait que,
pendant des siècles, la théologie de la substitution a servi à distinguer le «
nouvel Israël » de l’« ancien », en attribuant à l’Église une primauté
salvatrice.
L’approche des communautés évangéliques est
différente : elles ont développé la « théologie de l’insertion » — les
païens qui croient en Jésus ne remplacent pas Israël, mais s’insèrent dans
l’arbre de l’alliance, qui reste enraciné dans le peuple juif. Cela explique pourquoi de
nombreux groupes évangéliques modernes sont ouvertement sionistes,
contrairement à une grande partie du catholicisme.
Du passé au
présent : la question palestinienne
L’antisémitisme
catholique, affirment certains analystes, se manifeste aujourd’hui sous des
formes plus subtiles et hypocrites. Il suffit d’observer le langage de
certains médias proches du monde ecclésial, comme Avvenire, qui
reprennent souvent la terminologie de chaînes pro-palestiniennes comme Al
Jazeera : « territoires occupés », « génocide », « famine », « enfants tués
».
Les cas symboliques ne
manquent pas : prêtres habillant des statues de Jésus avec le keffieh, autels
ornés du drapeau palestinien. Des gestes qui, au lieu d’éclairer la complexité
du conflit, risquent d’alimenter un langage de haine contre Israël, soutenant
de fait les récits de groupes terroristes comme le Hamas. En effet, dans ce
quotidien comme dans d’autres journaux proches de la gauche, les deux versions
— palestinienne (Hamas) et israélienne — ne sont jamais mises en parallèle : on
adopte systématiquement comme unique source Al Jazeera, qui véhicule
notoirement les informations du ministère de la Santé du Hamas, c’est-à-dire de
terroristes.
Propagande et
antisémitisme : de la méthode Goebbels au Hamas
Un élément décisif pour comprendre l’enracinement
de l’antisémitisme moderne est le rôle de la propagande. Joseph
Goebbels, ministre nazi de la Propagande, avait mis au point une technique
simple mais efficace :
- Le mensonge comme outil de masse : peu
importe si ce qui est affirmé est vrai ; ce qui compte, c’est que ce soit
simple, émotionnel et répété sans relâche.
- La répétition crée la réalité : un
mensonge, s’il est répété de façon obsessionnelle, devient une vérité
perçue par les masses.
- L’émotion contre la
raison : les gens ne sont pas convaincus par des
arguments rationnels, mais conditionnés par la peur, la haine et les
slogans.
Ce schéma a été appliqué
avec une cohérence impitoyable contre les Juifs par le régime nazi,
transformant des accusations séculaires (avidité, complots, meurtres rituels)
en « certitudes populaires » qui justifièrent persécutions et, en fin de
compte, la Shoah.
Mais la méthode n’est pas restée confinée au
passé. Le Hamas s’est approprié cette logique de propagande et l’a utilisée
à l’échelle mondiale :
- en diffusant des récits
déformés (Israël comme « État génocidaire », les Juifs comme «
oppresseurs coloniaux ») ;
- en répétant sans
cesse ces messages à travers les médias, les réseaux sociaux et des
alliances avec des diffuseurs internationaux ;
- en exploitant les
émotions collectives de colère et d’injustice pour nuire à l’image
d’Israël en Occident et miner sa légitimité.
En
résumé : tout comme la propagande
nazie a transformé des mensonges en réalités perçues, aujourd’hui le Hamas
utilise la même stratégie pour alimenter l’antisémitisme en Occident et
affaiblir l’État juif.
Conclusions
De la théologie de la substitution aux prises de
position sur le conflit israélo-palestinien, un fil rouge traverse l’histoire
du christianisme catholique : la nécessité, implicite ou explicite, de définir
son identité en opposition au judaïsme.
Que cela se traduise aujourd’hui par des formes
d’antisémitisme voilé ou par des récits pro-palestiniens reste un fait : la
judéité de Jésus continue de représenter un défi théologique et identitaire
pour l’Église catholique. Et c’est peut-être précisément la raison pour
laquelle l’antisémitisme, malgré des siècles de sang et de persécutions,
connaît encore une inquiétante résurgence.
À ce scénario s’ajoute un autre élément : la
méthode de propagande mise au point par Joseph Goebbels, fondée sur la
répétition obsessionnelle du mensonge jusqu’à ce qu’il devienne une vérité
perçue. Aujourd’hui, ce schéma a été adopté par le Hamas, qui manipule les
récits pour alimenter la haine contre Israël en Occident et affaiblir l’État
juif.
Le tout est rendu encore plus efficace par le soutien
médiatique de certains journaux occidentaux de gauche et même catholiques,
comme Avvenire, qui adoptent et diffusent des terminologies et des
cadres proches de la propagande pro-palestinienne. Un court-circuit qui, au
lieu de promouvoir la clarté et la réconciliation, contribue à renouveler —
sous des formes nouvelles et apparemment « légitimées » — le langage de la
haine contre les Juifs.
Spanish version
Una
investigación sobre las raíces históricas, teológicas y políticas de un
fenómeno que atraviesa los siglos
El antisemitismo no es una plaga reciente: hunde sus raíces en los primeros siglos del cristianismo. El punto de
inflexión suele identificarse con el Concilio de Nicea (325 d.C.),
cuando la Iglesia naciente definió la divinidad de Jesús. Una elección legítima
en el plano de la fe, pero que abrió el camino a un peligroso malentendido:
atribuir al pueblo judío una culpa colectiva por la muerte del “Dios
encarnado”.
De allí surgió la llamada “teología de la
sustitución”: según esta visión, la Iglesia sería el “nuevo Israel”, único
heredero de las promesas divinas, mientras que los judíos habrían sido
rechazados a causa de su presunta traición. Pero ¿por qué era necesario
censurar y marginar a los judíos? La respuesta parece clara: consolidar la
identidad de una Iglesia que asumía un papel político y social cada vez más
fuerte.
Las etapas de
una larga persecución
Antigüedad tardía y Alta Edad Media
- Siglos IV-V: limitaciones a los
derechos civiles y religiosos de los judíos, prohibición de construir
nuevas sinagogas, exclusión de los cargos públicos.
- Desde el siglo IV: los
concilios eclesiásticos introducen prohibiciones de matrimonios mixtos y
otras restricciones sociales y jurídicas.
Edad Media
- Siglo VII (España visigoda):
conversiones forzadas, confiscaciones y prohibición de practicar el culto
judío.
- Siglo XI (Primera Cruzada): masacres
de comunidades judías en Renania.
- Siglos XII-XIII:
acusaciones infamantes de asesinatos rituales y profanación de hostias.
- 1215: el IV Concilio de Letrán impone a los
judíos signos distintivos, como la “rodela amarilla”.
- Siglo XIII: hogueras del Talmud y nuevas expulsiones de
varios reinos europeos.
Baja Edad Media e Inicio de la Edad Moderna
- Expulsiones sistemáticas:
Inglaterra (1290), Francia (1306 y 1394), España (1492), Portugal (1496).
- Siglo XIV: durante la Peste Negra, pogromos en toda
Europa con la acusación de envenenar pozos.
- Siglo XV: la Inquisición persigue a los conversos,
judíos convertidos al cristianismo.
Edad Moderna
- Desde 1516: creación de guetos (el primero en Venecia),
segregación social y profesional.
- Conversiones forzadas de menores y huérfanos.
- Humillaciones rituales y obligación de asistir a sermones cristianos.
Edad Contemporánea
- Las discriminaciones legales persistieron hasta el siglo XIX.
- 1858 (caso Mortara, Bolonia): un niño
judío bautizado en secreto y arrebatado a su familia.
- Siglos XIX-XX: siglos
de hostilidad prepararon un terreno favorable para el antisemitismo
moderno, que culminó en el exterminio nazi.
La posición de
la Iglesia y el papel de las teologías
Según una interpretación crítica, la Iglesia
católica necesitó del antisemitismo para legitimar su identidad. Una
interpretación fuerte, basada en el hecho de que durante siglos la teología de
la sustitución se utilizó para distinguir al “nuevo Israel” del “antiguo”,
atribuyendo a la Iglesia una primacía salvífica.
El enfoque de las comunidades evangélicas es
diferente: desarrollaron la llamada “teología del injerto” —los gentiles
que creen en Jesús no reemplazan a Israel, sino que se injertan en el árbol de
la alianza, que permanece enraizado en el pueblo judío. Esto explica por qué
muchos grupos evangélicos modernos son abiertamente sionistas, a diferencia de
gran parte del catolicismo.
Del pasado al
presente: la cuestión palestina
El antisemitismo católico, según algunos
analistas, hoy se manifiesta en formas más sutiles e hipócritas. Basta
observar el lenguaje de ciertos medios cercanos al mundo eclesial, como Avvenire,
que a menudo adoptan la terminología de cadenas pro-palestinas como Al
Jazeera: “territorios ocupados”, “genocidio”, “hambre”, “niños asesinados”.
No faltan casos simbólicos: sacerdotes que visten
estatuas de Jesús con la kefiah, altares adornados con la bandera palestina.
Gestos que, en lugar de aclarar la complejidad del conflicto, corren el riesgo
de alimentar un lenguaje de odio contra Israel, apoyando de hecho las
narrativas de grupos terroristas como Hamas. De hecho, en este periódico, como
en otros cercanos a la izquierda, nunca se contrastan las dos versiones
—palestina (Hamas) e israelí—, sino que siempre y continuamente se da por
cierta una única fuente: Al Jazeera, que notoriamente transmite la
información del Ministerio de Salud de Hamas, es decir, de terroristas.
Propaganda y
antisemitismo: del método Goebbels a Hamas
Un elemento decisivo para comprender el arraigo
del antisemitismo moderno es el papel de la propaganda. Joseph Goebbels,
ministro nazi de Propaganda, ideó una técnica simple pero eficaz:
- La mentira como herramienta de masas: no importa si lo que se afirma es cierto; lo que importa es que sea
simple, emotivo y repetido sin cesar.
- La repetición crea realidad: una
falsedad, si se repite obsesivamente, se convierte en una verdad percibida
por las masas.
- Emoción contra razón: la gente
no se convence con argumentos racionales, sino que se condiciona mediante
el miedo, el odio y los eslóganes.
Este esquema fue aplicado con implacable
coherencia contra los judíos por el régimen nazi, transformando acusaciones
seculares (avaricia, complots, asesinatos rituales) en “certezas populares” que
justificaron persecuciones y, en última instancia, la Shoah.
Pero el método no quedó confinado al pasado. Hamas
se ha apropiado de esta lógica de propaganda, utilizándola a escala global:
- difundiendo narrativas distorsionadas (Israel como “Estado
genocida”, los judíos como “opresores coloniales”);
- repitiendo incesantemente estos mensajes a través de medios de
comunicación, redes sociales y alianzas con emisoras internacionales;
- explotando emociones colectivas de ira e injusticia para dañar la
imagen de Israel en Occidente y socavar su legitimidad.
En resumen: así como la
propaganda nazi transformó mentiras en realidades percibidas, hoy Hamas utiliza
la misma estrategia para alimentar el antisemitismo en Occidente y debilitar al
Estado judío.
Conclusiones
Desde la teología de la sustitución hasta las
posturas sobre el conflicto israelí-palestino, un hilo rojo recorre la historia
del cristianismo católico: la necesidad, implícita o explícita, de definir su
identidad en oposición al judaísmo.
Que hoy esto se traduzca en formas de
antisemitismo velado o en narrativas pro-palestinas sigue siendo un hecho: la
judeidad de Jesús continúa representando un desafío teológico e identitario
para la Iglesia católica. Y quizás sea precisamente por ello que el
antisemitismo, a pesar de siglos de sangre y persecuciones, aún conoce un
inquietante resurgimiento.
A este escenario se suma otro elemento: el método
de propaganda ideado por Joseph Goebbels, basado en la repetición obsesiva de
la mentira hasta transformarla en verdad percibida. Hoy este esquema ha sido
adoptado por Hamas, que manipula narrativas para alimentar el odio contra
Israel en Occidente y debilitar al Estado judío.
Todo ello se ve reforzado por el apoyo
mediático de ciertos periódicos occidentales de izquierda e incluso católicos,
como Avvenire, que adoptan y difunden terminologías y marcos
cercanos a la propaganda pro-palestina. Un cortocircuito que, en lugar de
promover claridad y reconciliación, contribuye a renovar —bajo formas nuevas y
aparentemente “legitimadas”— el lenguaje del odio contra los judíos.