sabato 29 novembre 2025

“Il marchese del Grillo” e l'antisionismo

 

Una domanda me la sono posta, e non riesco a togliermela dalla testa: com’è possibile che, dopo Nostra Aetate (1965) del Concilio Vaticano II — documento sbandierato come svolta epocale nel rapporto con gli ebrei — oggi l’antisemitismo continui indisturbato, riciclandosi nell’antisionismo più tossico?
E com’è possibile che proprio coloro che durante il Covid hanno smontato una a una le bugie dei media occidentali, etichettati come “complottisti” per aver verificato i fatti, gli stessi… abbiano poi bevuto senza fiatare le menzogne sul presunto genocidio israeliano diffuse da Hamas tramite Al Jazeera? Nessuna verifica, nessuna analisi, niente. Come se non avessero mai imparato nulla.

Alla fine, la risposta l’ho trovata: sotto l’antisionismo di oggi — persino quello dei “ribelli” anti-mainstream — ci sono duemila anni di bugie teologiche cattoliche mai davvero smentite.

Nostra Aetate, per quanto presentato come rivoluzionario, non ha scalfito il vero problema. Sì, condanna l’idea del “deicidio collettivo”, e Giovanni Paolo II si è affrettato a chiamarlo “una distorsione”. Ma la radice avvelenata resta: l’idea che “alcuni ebrei” abbiano ucciso Dio. Una dottrina assurda, pericolosa, e soprattutto perfetta per generare aberrazioni morali: permette di accusare un intero popolo per l’azione di pochi. È lo stesso meccanismo mentale che porta a dire: “i siciliani sono mafiosi”.

Questa colpa collettiva, predicata dalla Chiesa per oltre 1500 anni, ha scolpito nelle menti europee la figura dell’ebreo come “deicida”. E la Chiesa, dopo il Concilio, cos’ha fatto per rimediare? Nulla. Nessuna catechesi di massa, nessun mea culpa davvero operativo, nessuna pulizia teologica delle proprie macerie. Perché?

Perché il problema è più profondo: nasce da un errore teologico dei Padri della Chiesa — l’invenzione del “deicidio”.
Un errore che ha prodotto persecuzioni, pogrom e stermini, ma che non può essere eliminato senza toccare la dottrina cristologica stessa: se Gesù è Dio, allora per molti cattolici continuerà a serpeggiare il pensiero che “un ebreo” abbia consegnato Dio ai Romani.

E poi arriva il secondo pilastro, quello che regge tutto il castello: la teologia della sostituzione.
Secondo questa dottrina, la Chiesa avrebbe “rimpiazzato” Israele come Popolo eletto. Le promesse bibliche? Non più per Israele, ma riscattate dalla Chiesa. Israele non riconosce Gesù? Allora perde l’elezione. Via la radice, avanti il ramo nuovo.

Questa teologia è il carburante dell’antisionismo moderno. Perché se la Chiesa è il “vero Israele”, allora gli ebrei non hanno alcun diritto a tornare in Eretz Israel. E non sorprende che Avvenire, il quotidiano ufficiale della CEI, diffonda posizioni filo-palestinesi, rilanci accuse infondate di genocidio e si guardi bene dal riconoscere legittimità allo Stato ebraico.
Guai a dire che Israele esiste perché Dio lo ha voluto: significherebbe ammettere che la Chiesa non ha sostituito nessuno.

E qui viene il punto: due millenni di catechesi antiebraica e poi antisionista hanno plasmato la cultura occidentale, e persino oggi, mentre molti gridano “non crediamo ai media!”, sono prontissimi a bersi qualunque propaganda palestinese. Non è pensiero critico: è condizionamento religioso travestito da opinione politica.

E poi c’è un dettaglio imbarazzante: la Chiesa sostiene che il Papa è il rappresentante di Dio sulla terra. Ma se Dio non revoca le sue promesse — e Paolo lo dice chiaramente — come può Dio aver rinnegato Israele?
Paolo, nella Lettera ai Romani, non lascia spazio ai dubbi. Nel capitolo 11 si domanda se, non avendo molti ebrei riconosciuto Gesù, Dio abbia abbandonato il suo popolo.
La risposta? Lapidaria:

«Dio non ha affatto respinto il suo popolo.»
E ancora:
«I doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili.» (Rm 11,29)

Fine della discussione. Dio non revoca un’alleanza che ha fatto Lui.

Non a caso molte chiese evangeliche contestano apertamente la teologia della sostituzione: semplicemente non sta in piedi biblicamente.

A questo punto, tutta la vicenda ricorda la celebre scena del film di Alberto Sordi Il marchese del Grillo.
La Chiesa, per secoli, ha di fatto detto agli ebrei ciò che dice Sordi al povero carbonaio:

«Io so’ io… e voi nun siete niente.»

Ecco il problema: la teologia cattolica è rimasta intrappolata in questa mentalità. La Chiesa è Israele; gli ebrei, per definizione, no.
E quando gli ebrei osano tornare nella loro terra, costruire uno stato, difendersi, prosperare… la narrazione salta. La struttura teologica scricchiola.
E l’Occidente — impregnato di secoli di catechesi antiebraica — reagisce con nuovo antisemitismo travestito da “solidarietà” verso i palestinesi.

Il risultato?
Persone che non credono più alle bugie dei media… che però credono ancora, senza saperlo, alle bugie della teologia cattolica di ieri.

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