martedì 23 dicembre 2025

Il Natale e i bambini

 


 “Natale, bambini e altre ipocrisie stagionali”

È tempo di Natale. Le lucine si accendono, le mani si giungono, le coscienze si lavano. Ed è giusto, dicono, parlare di bambini. Ma non proprio di tutti, intendiamoci. Solo di quelli che “galvanizzano l’emotività collettiva”.

Nel mondo, tra il 2024 e il 2025, di bambini ne sono morti a migliaia. Eppure, l’interesse varia a seconda della geopolitica del cuore.
A Gaza, l’ONU conta oltre 13.000 piccoli corpi — e quella parola, bambino, viene ripetuta fino a diventare scudo e bandiera insieme.
In Israele, invece, i bambini ci sono, ma disturbano la narrazione: troppo complicati da compatire.
In Siria, i piccoli muoiono ancora — tra mine, persecuzioni e silenzio stampa — ma ormai il conflitto non fa più audience.
Il Sudan? Milioni di giovani fantasmi dimenticati dalla fretta del mondo.
E poi l’Ucraina, dove la guerra si trascina e i bambini diventano contorno, statistica, “danni collaterali” di un dramma che non fa più tendenza.

Intanto, qualcuno osa ricordare che a Gaza molti adolescenti impugnano un fucile prima di una penna. Ma guai a dirlo: è Natale, non rovinare la poesia.
Eppure, lo dice anche l’ONU — bambino è chiunque abbia meno di diciotto anni — peccato che il confine tra infanzia e milizia, a volte, sia sottile come una bandiera.

Così, mentre le timeline si riempiono di immagini dolci e parole indignate, gli altri bambini — quelli invisibili, sbagliati, non “strategici” — restano fuori dall’inquadratura.
A loro non tocca il post commosso, né l’hashtag della settimana.

Forse il vero miracolo di Natale, oggi, sarebbe ricordare tutti i bambini, anche quelli che non hanno un ufficio stampa del dolore.

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