domenica 18 febbraio 2024

La lega araba e la palestina


Lega Araba: cooperazione, politica e un’agenda che divide

La Lega Araba nasce ufficialmente il 22 marzo 1945 – come confermato dal portale ufficiale legaaraba.org – anticipando persino la fondazione delle Nazioni Unite. La missione dichiarata: promuovere la cooperazione tra i Paesi arabi. Fin qui, tutto sembra rientrare nella normale dinamica delle alleanze regionali.

Ma una lettura più attenta dei documenti costitutivi e della struttura organizzativa solleva interrogativi scomodi. Tra gli obiettivi politici, la Lega evidenzia accordi di cooperazione non solo con le Nazioni Unite, ma anche con l’Organizzazione per l’Unità Africana e l’Organizzazione della Conferenza Islamica. Quest’ultimo dettaglio è cruciale: l’orientamento politico-religioso dell’istituzione sembra assumere una connotazione chiaramente islamica, escludendo rapporti formali di consultazione con altre confessioni religiose presenti nei Paesi membri, come cristianesimo ed ebraismo.

La struttura interna della Lega rende ancora più evidente questa impostazione. Due dipartimenti spiccano per il loro peso politico: il “Dipartimento Generale degli Affari della Palestina” e il “Bureau Principale per il Boicottaggio di Israele”. Una combinazione che suggerisce una linea di condotta ben precisa e un’interpretazione della questione mediorientale che va oltre la semplice diplomazia.

Secondo alcuni analisti, questa impostazione non è neutrale: sembrerebbe puntare a un progetto di lungo termine volto a ridefinire il Medio Oriente, marginalizzando la presenza ebraica e rafforzando l’egemonia islamica. Non si tratterebbe dunque solo di cooperazione regionale, ma di una strategia politico-religiosa che arriva a influenzare persino il dibattito globale.

E qui la questione diventa internazionale. I Paesi arabi membri della Lega siedono alle Nazioni Unite con posizioni politiche e religiose già delineate, influenzando la narrativa storica e politica che arriva all’opinione pubblica occidentale. Mentre in Europa e negli Stati Uniti si parla di dialogo e convivenza, flussi di denaro – provenienti anche da Paesi legati all’islamismo radicale – finanziano università di prestigio (Harvard è uno degli esempi più citati) e centri culturali, contribuendo a plasmare il dibattito accademico e mediatico.

Il risultato? Un racconto che rischia di occultare i lati più controversi della vicenda. Secondo fonti critiche, questo ha favorito anche il lavoro di agenzie internazionali come l’UNHCR, accusate di aver indirettamente finanziato Hamas tramite stipendi e aiuti, consentendo a quest’ultima di costruire una rete sotterranea di tunnel a Gaza lunga oltre 700 chilometri, spesso sotto ospedali, scuole e luoghi di culto. Risorse che, secondo le accuse, sarebbero state dirottate da aiuti umanitari destinati ai civili a scopi militari e terroristici.

Il vero nodo della questione, per molti osservatori, non è quindi una disputa territoriale risolvibile con la formula “due popoli, due Stati”, ma un conflitto ideologico e religioso. Una guerra a più fasi: prima contro gli ebrei, poi contro i cristiani e, secondo questa lettura, in prospettiva contro altri modelli di società. Una prospettiva che, se confermata, renderebbe la tanto invocata soluzione a due Stati una mera illusione diplomatica.


Nessun commento:

Posta un commento

Papa Leone XIV sceglie di inaugurare il suo pontificato a Nicea

Il neoeletto Papa Leone XIV sceglie di inaugurare il suo pontificato con una visita pastorale a Nicea, come se bastasse tornare sul luogo de...