domenica 23 marzo 2025

STRADE DISSESTATE: MALAFEDE O INCOMPETENZA? UN'INCHIESTA SUL DEGRADO SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI

 

Passeggiare oggi sulle nostre strade equivale a vivere un safari urbano. Marciapiedi sconnessi, asfalto rattoppato, buche che sembrano trappole. Una situazione che, da anni, si ripete sotto ogni amministrazione, di qualsiasi colore politico. I cittadini inciampano, letteralmente, nell’indifferenza. E non si tratta solo di una questione estetica: si parla di sicurezza, di soldi pubblici e, forse, di qualcosa di più grave.

Durante ogni campagna elettorale le promesse abbondano: "Metteremo a posto le strade!", "Stop al degrado!". Eppure, una volta chiuse le urne, tutto resta com'è. O peggiora. La giustificazione ufficiale è sempre la stessa: "problemi di bilancio". Ma davvero i soldi sono l’unico ostacolo? Oppure dietro questo disastro urbano si nasconde malafede o, nella migliore delle ipotesi, incompetenza?

A detta dei tecnici, la causa principale del deterioramento delle strade sarebbe da ricercare nelle infiltrazioni d’acqua piovana, nelle escursioni termiche e nel traffico pesante. È vero, le sollecitazioni climatiche e meccaniche stressano il manto stradale. Tuttavia, il problema reale emerge quando le opere non sono realizzate ad arte.

Secondo le norme tecniche UNI, l'asfalto deve rispettare precisi standard qualitativi. Se i materiali impiegati sono scadenti, o se gli strati di asfalto sono troppo sottili, il risultato è una superficie fragile, destinata a cedere in poco tempo. Non meno grave è l’esecuzione dei sottoservizi: scavi mal ripristinati e rattoppi improvvisati compromettono definitivamente la stabilità del fondo stradale.

E qui sorge spontanea una domanda: chi dovrebbe vigilare sulla qualità dei lavori appaltati? La risposta è chiara: il Direttore dei Lavori, nominato dal Comune. È lui il responsabile del controllo dei materiali, della corretta esecuzione, della conformità al capitolato d’appalto. Se le nostre strade sono in queste condizioni, significa che i controlli non vengono svolti adeguatamente.

A questo punto, le ipotesi sono due: o il Direttore dei Lavori è incompetente, o è ingenuamente fiducioso verso l’impresa esecutrice. Oppure, ipotesi ancor più grave, complice. Un'ombra che dovrebbe allertare non solo i cittadini, ma anche le autorità competenti, perché la mala esecuzione di opere pubbliche non è solo un danno economico, è una ferita al tessuto civile.

Non si tratta di un problema limitato a questa o a quella amministrazione. È una piaga trasversale, che si ripete a ogni cambio di governo locale, come un copione già scritto. Possibile che politici e dirigenti, camminando ogni giorno su strade dissestate, non vedano? O peggio, facciano finta di non vedere?

C'è poi l’incredibile questione della pianificazione dei lavori. Si riasfalta una strada – spesso male – salvo poi, poche settimane dopo, assegnare un nuovo appalto per realizzare sottoservizi. Risultato: scavi sull’asfalto nuovo e ripristini approssimativi che rendono vani i soldi appena spesi. Una gestione grottesca delle risorse pubbliche, che alimenta un continuo circolo vizioso di appalti e rattoppi.

A fronte di un problema così evidente, stupisce il silenzio. Nessun approfondimento giornalistico, nessuna interrogazione consiliare degna di nota, nessun dibattito pubblico acceso. Una complice unanimità nel tacere, mentre i cittadini sbandano, inciampano e pagano il prezzo di strade insicure.

Eppure le conseguenze sono gravissime: oltre al degrado urbano, si compromette la sicurezza di pedoni e automobilisti. Aumentano i costi sociali, gli incidenti, la necessità di ulteriori bandi di gara.

La domanda finale è inquietante: è forse questo l’obiettivo? Un sistema che, invece di risolvere, alimenta sé stesso? Dove il degrado diventa un’occasione di spesa continua, un business della riparazione perpetua?

Il degrado delle strade non è solo un segno di inefficienza amministrativa. È un indicatore di quanto la cura del bene comune sia stata sacrificata sull'altare di interessi opachi.

giovedì 13 marzo 2025

IN UN PAESE DIVISO, ANCHE LA DEMOCRAZIA SI SGRETOLA: IL CASO ITALIA TRA CONFLITTO POLITICO E CRISI SOCIALE

 

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"Se un regno è diviso in se stesso, quel regno non può reggersi." Questo monito antico, pronunciato da Gesù nel Vangelo di Marco (3,24-25), riecheggia oggi con inquietante attualità nella situazione politica italiana. E non è un ammonimento isolato: anche nella Torah, nei testi di Isaia (19,2) e 2 Samuele (3,1), si avverte che la divisione interna di una casa o di un regno ne prelude alla rovina.

Storia antica? Affatto. La cronaca politica italiana sembra, infatti, riprodurre fedelmente questi scenari, incapace di imparare dagli errori del passato. La divisione interna, lungi dall'essere soltanto una questione ideologica, si traduce in lacerazioni sociali, impoverimento economico e degrado culturale.

Secondo un recente rapporto dell'Istat (2024), oltre il 65% degli italiani ritiene che il linguaggio politico sia divenuto "aggressivo" e "delegittimante", mentre il 62% afferma che il dibattito pubblico sia più orientato allo scontro personale che alla proposta di soluzioni concrete.

Nei talk show televisivi, il confronto sui contenuti è ormai un miraggio: slogan, accuse reciproche, etichette infamanti come "comunisti", "fascisti", "complottisti", "clericali" sostituiscono ogni tentativo di dialogo costruttivo. Il vero obiettivo non è risolvere problemi, ma consolidare posizioni di potere all'interno dei partiti.

E mentre il cittadino rimane prigioniero di problemi irrisolti, la politica riesce a trovare una sorprendente unità su un solo tema: il denaro.
L’ultimo scandalo? L’aumento del finanziamento pubblico ai partiti, passato da 25 a 42 milioni di euro annui con voto bipartisan. Solo l'intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha evitato un incremento ancora maggiore.
Nonostante il tentativo di mascherare l’operazione abbassando l'aliquota, i fondi non destinati esplicitamente dai cittadini vengono comunque redistribuiti ai partiti. Uno stratagemma che appare ancora più scandaloso se si considera che l’astensione elettorale ha raggiunto il 41% alle ultime elezioni europee, il massimo storico.

Sanità, sicurezza, casa e lavoro? Questi temi cruciali restano senza una sintesi politica. I politici, al riparo di assicurazioni private e privilegi, sembrano incapaci di fornire risposte efficaci, mentre aumentano i costi energetici e cresce il debito pubblico, ora al 137% del PIL secondo Eurostat.

La minaccia interna: l'Islam radicale e il fallimento dell'integrazione

In un'Italia politicamente frantumata, si fa strada un'altra crisi: quella identitaria.
La Commissione Europea ha segnalato nel 2023 che l'Italia è tra i paesi UE con il tasso più basso di integrazione degli immigrati di origine musulmana, evidenziando una crescente marginalizzazione sociale e culturale.

Secondo il Ministero dell'Interno, oltre il 60% dei reati nelle aree metropolitane è commesso da stranieri, molti dei quali di fede islamica. Al contempo, cresce l'occupazione abusiva di case popolari, l'uso improprio degli spazi pubblici e le denunce di molestie ai danni di donne italiane.

La sinistra democratica, in nome di diritti e tolleranza, appare spesso inconsapevole di prestarsi come cavallo di Troia per frange dell'Islam più radicale. Un paradosso tragico: i valori liberali che la sinistra ha difeso per decenni – laicità, uguaglianza di genere, libertà di espressione – vengono oggi minati da una cultura che li rigetta apertamente.

Dall'altra parte, la destra democratica si arena nella distinzione tra "immigrazione regolare" e "irregolare", senza interrogarsi a fondo su chi entra e quali valori porta con sé.
Il rischio? Favorire l’ingresso di gruppi culturali non integrabili, che non intendono assimilarsi ma piuttosto sostituire il modello sociale europeo.

Come osservava lo storico Bernard Lewis già negli anni '90, "L'Europa rischia di essere conquistata non con la spada, ma con la demografia e la cultura."
Una profezia che, nella frammentazione e nella debolezza attuali, rischia di avverarsi.

Conclusione: Dividersi è Morire

La storia insegna, la politica dimentica.
Se la casa è divisa contro se stessa, come ammonivano i testi sacri, non potrà reggersi. In Italia oggi si assiste ad una drammatica replica di questo schema, mentre il tempo a disposizione per correggere la rotta si assottiglia.
Un popolo diviso è un popolo destinato a soccombere.

sabato 1 marzo 2025

L'Europa e Trump

 

Il 28 Febbraio 2025 il presidente Ukraino Volodymyr Zelensky ed il Presidente USA Donald Trump hanno avuto un bilaterale dalla conclusione inverosimile. Non mi piace l'arroganza di Trump e la sua scarsa diplomazia, ma non posso che condividere le sue intenzioni di tutelare gli interessi degli americani a non essere trascinati in una guerra dagli sviluppi imprevedibili. Tuttavia l'aspetto su cui rifletto è l'impatto che questa posizione determinata degli USA, unitamente alla politica sui dazi, potrà avere sull'Europa. L'Europa come progetto politico potrebbe implodere.

L'ostinazione dei paesi Europei a trazione Tedesca e Francese di perseguire un "pace giusta" personalmente non la capisco, ovvero faccio finta di non capirla. Cosa significa "pace giusta"? La pace giusta è possibile solo quando si sconfigge militarmente il nemico, ed in questo caso mi sembra irrealizzabile perché l'aggressione Russa ha fatto acquisire a Putin territorio e quindi una posizione negoziale di forza; inoltre non mi sembra che si possa  negoziare con un Dittatore, se tale lo riteniamo. Se per "pace giusta" l'Europa, non unita, e senza il sostegno USA, intende la sconfitta militare di Putin, occorrerà allora supporre la pianificazione di un intervento diretto, con uomini e mezzi, nella guerra ucraina da parte degli eserciti europei. Ciò comporterebbe una dichiarazione di guerra alla Russia.

Non credo che la "pace giusta" l'Europa voglia e possa conseguirla con le sanzioni economiche e le forniture di armi ad oltranza(a vantaggio delle industrie militari), considerando che gli embarghi sono un esempio di inutile pressione politica perché aggirabili con operazioni triangolari. Inoltre gli embarghi contro la Russia danneggiano solo i paesi europei (ne stiamo pagando il prezzo) ma non sono efficaci contro la Russia essendo un paese ricco di risorse ed alleato con economie quali la Cina, l'India, altri paesi asiatici e sudamericani, del medio oriente ecc. Quindi decodificando il linguaggio politico della tecnocrazia europea, non potendo costruire la pace giusta con la diplomazia e le pressioni economiche, l'unica opzione è l'intervento militare.

In realtà, ed esprimo una mia opinione, i "democratici europei" una sintesi tra popolari e socialisti, in linea con le direttive dei presidenti democratici americani per finire con Joe Biden, vogliono proprio parlare di "guerra" perché la corsa al riarmo che stanno promuovendo per i prossimi 5 anni dimostra che è l'unica opzione considerata. Del resto nel marzo del 2024 Macron dichiarò: Europa deve essere pronta alla guerra se vuole la pace (https://www.rainews.it/articoli/2024/03/macron-non-esclude-linvio-di-truppe-in-ucraina-tutte-le-opzioni-sono-possibili-europa-deve-essere-pronta-alla-guerra-1eda9a14-7923-49ff-882a-19ab57256b68.html). Cosa ne pensano i pacifisti? 

Perché i leader, anche italiani, non ne parlano apertamente? Perché non avrebbero il consenso delle rispettive opinioni pubbliche, soprattutto in ordinamenti come il nostro in cui la costituzione dichiara che l'Italia ripudia la guerra. Non  escludo, anche questa prendetela come una fantasia, che le intelligence europee possano provare a creare un "casus belli" inventarsi una violazione russa dei territori europei o altro per giustificare un intervento armato davanti alle loro opinioni pubbliche facilmente manipolabili. Non dimentichiamoci che una guerra ha anche un post-guerra che si chiama ricostruzione, che in un clima di costante crisi economica sarebbe un'opportunità. Si direte che è fantapolitica, è possibile, ma la politica non è mai trasparente.

Per chiudere questa banale riflessione fantasiosa, cosa dovrebbe proporre l'Europa a Volodymyr Zelensky? L'ingresso nella NATO subito come garanzia di sicurezza, a condizione che ceda i territori occupati/conquistati dalla Russia in cambio della fine del conflitto. Questa non si chiama "pace giusta" ma negoziato per chiudere una contesa territoriale. Del resto Volodymyr Zelensky poteva evitare di bombardare i ribelli delle provincie russofane, o promulgare leggi per soffocare lo studio della lingua russa e della cultura Russa. Mi sembra che anche nella nostra europa abbiamo esempi come la Provincia del trentino (Adige)con un accordo del 1946 tra Italia ed Austria, ne è un esempio, e l'Italia ha salvaguardato la cultura e tradizione tedesca della provincia. Quindi per la pace si può cedere un territorio e rispettare la cultura e la tradizione di una popolazione frontaliera bilingua. Cosa che Volodymyr Zelensky non ha fatto. Ma l'Europa vuole la guerra. Per questo ben venga Trump con i suoi modi.




sabato 11 gennaio 2025

L'evasione fiscale


Tutta la classe politica dibatte alternativamente la questione dell'infedeltà dei contribuenti lamentando una elevata evasione fiscale che caratterizza l'Italia, in particolare degli imprenditori, artigiani e liberi professionisti, causa di una limita capacità di erogare servizi da parte dello stato, determinando un incremento della spesa pubblica  che grava solo sui poveri dipendenti del settore privato e pubblico. Questa è la narrazione.

Tuttavia nessun politico assume le proprie responsabilità dell'aumento della spesa pubblica per favorire le loro clientele, spesa che contribuisce all'aumento degli interessi passivi sul debito italiano. Perché, anziché ingegnarsi con le alchimie per far quadrare i conti con diminuzioni dello 0,01% e contemporaneamente l'aumento di ulteriori oneri a carico dei cittadini, non studiano tagli lineari alla spesa pubblica? Ogni livello pubblico, governativo, regionale, provinciale, comunale, oltre che enti vari, nasconde costi inutili. Spese dei parlamentari ( in modo bipartisan hanno tentano ,raddoppiando, di aumentare i finanziamenti ai partiti), spese ministeriali (abuso di auto di rappresentanza ed altro), spese sostenute dalle Regioni e dagli Enti locali. Non mi riferisco alla riduzione degli stanziamenti ai servizi (scuola, sociale, sanità, casa, sicurezza ecc), ma alle modalità di spesa. Spese prive di controllo. Sappiamo che il ricorso alle gare di appalto, l'affidamento alle cooperative di taluni servizi ( quale per esempio il servizio di prenotazione regionale per le prestazioni sanitarie, il sistema dell'accoglienza, ecc) ovvero il ricorso all'affidamento esterno dei servizi da parte delle amministrazioni ("costi" che favoriscono clientele locali), commissioni ecc, sono la causa vera  del debito fuori controllo. Anche se aumentiamo il prelievo o dovesse diminuire l'infedeltà fiscale, non si potrebbe rientrare dal debito.

Tutte queste spese che arricchiscono pochi a discapito di molti non sono assolutamente toccate dai propositi dei nostri politici. Questi costi eccessivi vanificano il prelievo fiscale eccessivo, a fronte di  disservizi e di una burocrazia inefficiente, a fronte di molti privilegi. Se io contribuente devo retrocedere più del 50% in fiscalità allo stato (tra imposte dirette, indirette, e tasse amministrative ecc) è chiaro che se posso cerco di ingegnarmi a pagarne di meno. Se aggiungo che devo pagare le prestazioni sanitarie, perché il servizio sanitario non è efficiente, devo comprare i testi per studiare, interfacciarmi con le lungaggini della burocrazia, essere dissanguato dal costo degli affitti o del mutuo, oltre che sostenere le spese correnti, diventa "ETICO" e  " GIUSTO" cercare di ridurre il peso fiscale. E' un esito logico. 

I parla parla della politica (leader politici e sindacalisti) si lamentano dei salari bassi, ma si sono chiesti perché? Un'impresa oggi paga in salario in base a standard di mercato, perché il suo prodotto/servizio sia competitivo, e il business sia economicamente sostenibile. Quindi non è l'impresa  che da salari bassi. E' lo stato con il suo peso fiscale lascia meno margine al dipendente tra costi fiscali e contributivi. E' lo stato che per pagare i "costi occulti prodotti dalla politica" deve incrementare il prelievo  sui lavoratori. Similmente, se l'imprenditore non investe ulteriormente nella sua impresa, è perché tra anticipi e saldi, il prelievo fiscale non lascia nelle mani dell'imprenditore la liquidità necessaria. 

Ad aggravare il quadro complessivo c'è stata anche la scelta idiota di aderire all'Euro (epoca Prodi) che ha impoverito la classe media - bassa a vantaggio dei gruppi finanziari. Oggi il nostro paese, grazie a quella classe politica, è ostaggio finanziario della UE e fino ad oggi benefici non ne  abbiamo avuto se non l'indebitamento. Era certamente preferibile rimanere con la LIra (moneta nazionale) anche al costo di avere un'inflazione più alta battendo moneta, come il Giappone ed altri paesi con moneta sovrana insegnano. 

Quindi chi si dimostra "infedele" con l'amministrazione fiscale non sbaglia, salvo che la classe politica dia il primo segnale di riduzione della spesa pubblica, che la pubblica amministrazione funzioni, e che i servizi  funzionino, la sanità in primis. Il patto tra cittadini e stato è stato tradito prima ancora dalla stato nella declinazione della sua classe dirigente. E fino a quando la classe dirigente non si attiverà a ridurre i costi e a fornire servizi efficienti, chi riesce a  pagare meno tasse è un EROE.

mercoledì 1 gennaio 2025

L'eredità del 2024 ed il futuro



Auguri a tutti i lettori di un buon inizio anno

Brindiamo al nuovo anno, ma non rilassiamoci e cerchiamo di vedere con realismo le prospettive future. Non possiamo non ricordare che il 2025 è iniziato con scenari internazionali  che non ci aiutano ad avere fiducia nel futuro, eredità del 2023 e del 2024. 

Da una parte abbiamo la guerra Russo - Ucraina a seguito dell'aggressione russa, che dopo due anni, e le velleitarie ambizioni della UE di piegare Putin armando l'Ucraina, e dopo tanti morti civili (si stima più di 10.000 tra i quali bambini, donne ed anziani) e più di 50.000 militari russi morti e più di 80,000 militari ucraini morti (fonti non attendibili), è in una fase di stallo con una significativa  avanzata russa. Ricordo che alla fine del 2023 i media e la classe dirigente europea mentivano spudoratamente dicendo che dopo pochi mesi la Russia avrebbe capitolato. Putin non doveva vincere.  Il risultato? La Russia acquista territori, i morti aumentano, ed oggi si parla  di pace in cambio di territorio, e i paesi Europei in una profonda crisi, perché le sanzioni contro la Russia hanno prodotto solo una crisi economia nelle nostre democrazie. Chi ci ha guadagnato? L'industria degli armamenti. Infatti questa guerra avrebbe avuto una possibilità di successo solo se i paesi europei entravano direttamente in guerra a difesa dell'ucraina, come fu fatto durante la prima e seconda guerra mondiale. Aveva certamente ragione il realismo di Macron che sosteneva la necessità di inviare truppe. Contro questa guerra e per i popoli ucraino e russo è  mancato il "pacifismo", nessuno è sceso in piazza per promuovere n tavolo di pace tra Russia ed Ucraina, nessun Rettore universitario  e nessuna istituzione accademica si  è attivata per la pace, nessun sindacato e nessuna associazione LGBT, femministe ecc ha mai promosso sit in difronte all'ambasciata russa ecc. L'arcipelago variopinto dei pacifisti oltre a limitarsi a dichiarare in varie occasioni la necessità di una politica negoziale, non si è mossa lungo le strade europee. La guerra è stata considerata giusta, perché l'aggressore Putin era un dittatore ed andava punito, ma nessun Leader europeo ha avuto il coraggio e l'onestà intellettuale di Macron, perché avrebbero avuto l'ostilità delle opinioni pubbliche democratiche, che oggi non avrebbero potuto brindare al 2025. 

Cosa dire dell'altro scenario, la guerra in Medio-oriente? Il 07-10-2023 con il massacro di Hamas nei kibbutzum lungo il confine con Gaza e la presa di 200 ostaggi israeliani tra cui bambini ed anziani, i terroristi palestinesi hanno iniziato una nuova guerra araba(palestinese)-israeliana. Una guerra che potrebbe terminare in qualunque momento se i palestinesi  rilasciassero gli ostaggi, che prosegue tutt'oggi, dopo un anno, per scelta degli stessi palestinesi. Non sappiamo se per un errore di valutazione in quanto pensavano che gli Hezbollah, sostenuti dall'Iran avrebbero attaccato (anche lungo il confine del libano sono stati trovati tunnel), e che che gli USA di Jon Biden più morbido ed interessato a mantenere la Leadership nel medio oriente, avrebbe indotto Israele a più miti consigli, qualora il bliz di Hamas non avesse prodotto il risultato sperato. Oppure speravano che i gruppi jihadisti sparsi nel mondo arabo ed occidentale avrebbero preso l'iniziativa. E' difficile comprendere cosa avessero pianificato, ma di certo non hanno ottenuto la la liberazione della Palestina dalla riva al mare, ma l'uccisione da parte di Israele dei leader di hamas e Hezbollah il controllo militare da parte di Israele di Gaza e del Sud del Libano, l'indebolimento dell'Iran e la caduta del regime siriano. Certo che oggi l'utopia dei governi occidentali di 2 popoli e 2 stati è deragliata ancora una volta a causa dei "palestinesi". Israele è sempre li, ed anche in questo caso le sanzioni di alcuni paesi europei quali spagna, Francia, Irlanda, Inghilterra ecc non hanno esordito il loro effetto. Israele è una potenza tecnologica matura che può fare a meno delle ritorsioni degli altri paesi. Tuttavia questa guerra araba-israeliana ha avuto il merito di risvegliare l'antisemitismo/sionismo in occidente, ed il sentimento pacifista sostenuto con boicottaggi da parte delle università, proteste e violenze nelle strade e nelle piazze in nome della pace STOP AL GENOCIDIO in nome di una manipolazione della verità da parte di Hamas grazie al supporto di associazioni palestinesi infiltrate da Hamas.

Rimane in sospeso lo scenario in oriente con la questione della pretesa annessione di Taiwan da parte della Cina, con prove muscolari tra la Cina, la Corea del Nord e gli USA. Potrebbe essere la sorpresa del 2025? Non lo sappiamo; ma non possiamo ignorare che anche l'area del pacifico è in ebollizione con tensioni mai sopite e politiche espansionistiche da parte della Cina e degli USA. Questa è una pagina ancora da scrivere.

Ricordiamoci che questi scenari unitamente alla crisi economica, alla povertà diffusa in intere aree della terra non sono rassicuranti. Oggi più che mai siamo chiamati a non seguire le Leadership politiche con fiducia, ma di mettere in dubbio ogni cosa perché fino ad oggi hanno dimostrato di mentire e le loro menzogne portano a tragedie per i popoli che diventano vittime inconsapevoli dei loro giochi.


mercoledì 27 novembre 2024

Parashat Vaierà, Genesi 17,1 - 22,24

 



Quale prezzo siamo disposti a pagare per i nostri obiettivi?

Quando desideriamo qualcosa ci poniamo mai la domanda quale prezzo siamo disposti a pagare? Ovviamente non si parla  di beni che sono generalmente quotati, ma parliamo di obiettivi che desideriamo raggiungere, ovvero del prezzo, in termini di sacrifici personali, che siamo disposti a pagare per raggiugere quell'obiettivo desiderato. Tanto è impossibile e desiderato l'obiettivo, tanto elevato è il prezzo che dobbiamo essere disposti a pagare. Spesso chi ci pone il dilemma della scelta non vuole il nostro sacrificio, ma la nostra attitudine e consapevolezza a sacrificarci. Perché è importante non esitare ed essere pronti a pagare il prezzo? Perché ciò dimostra la nostra motivazione, quella motivazione che è l'unica cosa che ci consente di ottenere quello che vogliamo. Cosi nella storia di Abramo vediamo che il desiderio era avere una "progenie" ovvero un figlio. Cosa impediva ad Abramo di avere un figlio? L'età e la sterilità della moglie: (Genesi 17:17..Nascerà un figlio a un uomo di cento anni? e Sara, che ha novant'anni, partorirà forse?”). Ora sappiamo che Abramo, spinto dalla moglie Sara, sterile, ricorse, su suggerimento della moglie stessa, ad una gravidanza surrogata, concependo un figlio "Ismaele" con la sua serva. Ciò dimostra quanto fosse complessa la situazione (progenie significava anche a chi dare l'eredità) e come Abramo non fosse sostenuto dalla moglie che non credette alla possibilità di concepire un figlio, secondo la promessa che D-O fece ad Abramo. 

Cosa significa questo atto di debolezza? Che è possibile nel nostro cammino sbagliare e perdere di vista la speranza e l'obiettivo, ma è altrettanto possibile che la speranza animata dalla ricerca del Trascendente (D-O)ci dia la forza di riprendere il cammino. Tuttavia è chiaro che ogni sbaglio ha delle conseguenze che siamo chiamati a gestire anche quando riprendiamo a percorrere la strada segnata; la scelta sbagliata, il concepimento surrogato con la serva, avrà delle conseguenze, delle tensioni, delle implicazioni per il futuro, e saremo chiamati a proseguire il cammino verso l'obiettivo gestendo anche le complicazioni sorte dalla scelta sbagliata. Ciò comporterà più sacrifici.

L'incontro con D-O comporta il superamento dei limiti della natura(la sterilità) e del tempo (l'età), solo superando nelle nostre aspettative questi limiti possiamo trovare la forza e la volontà di essere protagonisti di un miracolo, ed una sfida ulteriore, quella della conoscenza (Genesi 18: 17 L'Eterno disse: “Nasconderò io ad Abraamo quello che sto per fare). Saremo chiamati a misurarci con gli eventi che apparentemente non sono collegati al nostro "sogno" obiettivo, salvo scoprire che nel futuro, l'azione positiva che faremo. E' emblematico che Abramo davanti alla notizia dell'imminente distruzione di Sodoma si preoccupò anche dell'altro, di chi non conosceva, come dimostra l'intermediazione in Genesi 18: 23 E Abraamo si avvicinò e disse: “Farai tu perire il giusto insieme con l'empio?. Non possiamo vivere come se fossimo soli, il nostro cammino dipende anche da come noi ci interessiamo degli altri, l'altro è la misura di come noi siamo connessi con il trascende, e prendiamo consapevolezza che non siamo isole. Quanto ci prendiamo cura dell'altro?

 


Lettera aperta al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni

Gentile Presidente

Certamente Lei ha il primato di essere la prima donna a ricoprire questa carica, e Le riconosco grande competenza e grandi capacità. Tuttavia il CDX di cui Lei è espressione, dimostra di non avere una classe politica adeguata: prima Il deputato di Fratelli d'Italia Emanuele Pozzolo che ferisce un agente  di scorta di Del Mastro ad una festa di capodanno, poi l'ex ministro Gennaro Sangiuliano con la relazione  consulente mancata del ministero Maria Rosaria Boccia, poi il video del ministro Valditara con la inopportuna polemica sul patriarcato durante la presentazione della Fondazione intitolata a Giulia Cecchettin, le esternazioni di Salvini, non parliamo di La Russa e la sua esternazione sulla strage di Via Rasella , solo per citare i più emblematici, non fanno onore al centrodestra, ma soprattutto a Lei, perché la responsabilità della scelta è Sua. Un leader deve scegliere persone adeguate al loro ruolo. E' chiaro che con questa mediocrità i giornalisti ed i conduttori di riferimento della sinistra, esperti di manipolazione e filosofia del linguaggio hanno gioco facile, inchiodando gli italiani in stupide ed inutili dissertazioni, invece di affrontare nel merito i veri problemi che abbiamo. 

Ciò premesso sig. Presidente, le faccio osservare che Lei ha condotto una campagna elettorale rastrellando voti su temi cari alla suo elettorato che puntualmente sta disattendendo, ovvero ha assunto impegni che non può mantenere quali la fiscalità, la sicurezza e il blocco dell'immigrazione. Su questi temi lei perderà le prossime elezioni, perché il problema è l'Europa a trazione centro-sinistra con le sue folli politiche green, sull'immigrazione e la guerra contro la Russia. 

Lei ha tradito le uniche istanze che avevano senso, NO EURO, NO UE, e si è impegnata a governare un paese con un forte debito pubblico non riducibile, con un Presidente della Repubblica espressione della sinistra e una magistratura orientata dalle sinistre. Con questo contesto non può che fallire l'obiettivo. 

Concludo consigliandole di assumere un "consulente per la comunicazione" per i suoi uomini in modo che parlino con saggezza e postura istituzionale.

Erminio Petronio


LA CASA NEGATA: GIOVANI, FAMIGLIE E IL NUOVO GHETTO DELL’ABITARE

  Un sogno sempre più irraggiungibile. È questa la realtà che si presenta a migliaia di giovani coppie, studenti e famiglie monoreddito che...